Be Normal!, l’anarchia regolare di Sotterraneo

Data serale unica per il lavoro di Sotterraneo, il 17 dicembre, al Teatro Bolognini di Pistoia: provocatorio e ben riuscito

Be Normal! è la seconda tappa di Daimon Project, progettualità a tempo indeterminato (fatta di spettacoli, site specific e laboratori) che Sotterraneo dedica al tema del demone interiore, quel misto di ambizioni, aspirazioni, vocazioni innate che vorremmo assecondare, o uccidere per sempre. Che succede se, ad esempio, il proprio daimon ci suggerisce di diventare un artista? La vita di due trentenni che lavorano nel mondo dello spettacolo, in Italia, è messa in scena dagli interpreti Claudio Cirri e Sara Bonaventura, come sempre flessuosi e distaccati nel creare l’ironia sarcastica e paradossale che caratterizza Sotterraneo, dove l’amaro lascia il posto al riso, poi alla consapevolezza del ridicolo, e all’assurdo. La scrittura (frutto di Daniele Villa) affonda in un realismo fertile, cinico e di velata denuncia, dove germoglia un ritmo frenetico ma non affannato, seguendo una drammaturgia che si rivela però frammentaria.

Una parte di Be Normal! sembra focalizzata sul dramma del ricambio generazionale, dove eliminare simbolicamente il genitore determina la ribellione al sistema e la liberazione dell’energia creativa. L’individuo eviterebbe così di stagnare nell’eterna condizione di giovane-e-consumista, girone infernale da cui è sempre più difficile uscire, complice un mondo del lavoro drogato da voucher e Partita Iva. Un’altra parte dello spettacolo sviluppa il tema della vocazione, con incursioni fra il pubblico e una semplice domanda che getta la platea nell’imbarazzo: “tu cosa vuoi fare da grande?”.
Funziona il cambio di atmosfere, con passaggi romantici e melodici ispirati dalla visionarietà di Brian Eno, che fa da sfondo alla storia d’amore delle due umili casse del Teatro Bolognini di Pistoia, maneggiate con cura da Claudio Cirri, insolito marionettista. Oppure con la rapina della lattina da due dollari che vale miliardi, quella firmata Andy Warhol o Piero Manzoni, in un’intrigante e sottile situazione complessa, tra critica, parodia, e quasi omaggio ai film di spionaggio americani.

Colloqui di lavoro frustranti e dinamiche sentimentali si incrociano, talvolta determinando una sensazione di incostanza. La coppia prova ad essere normale, ma la normalità sfugge di mano, perché non è più normale vivere delle proprie aspirazioni. Qualunque trentenne che si rispecchi nei due personaggi, si potrà sente punzecchiato e fuori posto. Forse pronto a reagire. Aspetto, questo, tra i più interessanti dello spettacolo.