
Quel gioiello de La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo di Gioachino Rossini celebra al Giglio di Lucca duecento anni quasi esatti dalla prima sua rappresentazione al Valle di Roma, sotto la regia del suo direttore artistico Aldo Tarabella.
Seppur quel 25 gennaio del 1817 Rossini non riscosse grandi consensi, un vero fiasco secondo Jacopo Ferretti, gli anni hanno concesso all’opera grande successo, e Lucca non è stata da meno. ‘Rispolverati’ i costumi di Lele Luzzati per la fortunata edizione genovese del 1978, l’opera si è agghindata di brio e giocosità all’altezza dell’ultima opera buffa del cigno di Pesaro. Davvero un ottimo lavoro l’opera di restauro della Fondazione Cerratelli di San Giuliano per onorare i dieci anni dalla scomparsa dell’artista genovese.
E le inventive macchine sceniche dell’allestimento di Enrico Musenich, omaggio a Luzzati, scomponendosi e ricomponendosi hanno dato corpo ora a porte, ora ad armadi e librerie, per trasformarsi in calessi e catapultarci in quella magica atmosfera propria della fiaba di Perrault, in quella dimensione carica di stupore tutta ‘fanciullina’ (per citare Pascoli). Colori vivi e dalle forti tinte hanno ravvivato interni ed esterni, tra palazzi di carta, giardini dipinti e fondali che ora si issano, ora scivolano via, tutto in perfetta osmosi con i costumi restaurati.
Classica la regia di Aldo Tarabella, che si addice perfettamente al clima sognate di tutta la messa in scena: macchiettistiche le sorelle Tisbe e Clorinda, rispettivamente Giulia Perusi e Isabel De Paoli, ben accordate e fiabescamente perfide; padrone della scena il Don Magnifico di Marco Filippo Romano, dalla comicità esilarante di un superbo basso buffo. Ben inquadrato Matteo D’Apolito nei panni del filosofo Alidoro. Un po’ acerbo scenicamente il Don Ramiro di Pietro Adaini, dalla fresca vocalità tenorile. Forse troppo scuri i toni del giovane contralto Teresa Iervolino, che incurvita nel personaggio di Angelina mostra qualche difficoltà ad innalzarsi vocalmente e scenicamente nelle parti più liriche e sentimentali.
La direzione di Erina Yashima privilegia la linea più giocosa dell’opera, in linea con l’allestimento, purtroppo non sempre con accuratezza: numerosi gli scollamenti tra i cantanti e l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, che dà il meglio di sé nelle parti liriche, mentre mostra limiti laddove il ritmo si fa più serrato. Buona l’esecuzione del Coro Melodi Cantores.
La genuinità e freschezza dell’opera infine riesce a catturare e gli applausi si fanno sentire calorosi.