Il Bugiardo: l’elogio della Menzogna da Goldoni ad Arias

[rating=3] “La vuole una coperta?” con questa frase da albergo più che da teatro la maschera mi fa accompagnare in sala. Siamo a Castel S.Elmo, fortezza di tufo che domina Napoli dall’alto, sulle terrazze e negli anfratti di questo luogo così visibile ma così sconosciuto trovano ospitalità tanti spettacoli del Napoli Teatro Festival.

In scena dal 12 al 15 Giugno in Piazza d’armi Il Bugiardo di Goldoni diretto da Alfredo Arias. Il regista argentino dopo i successi di Circo Equestre Sgueglia (edizione2013 del Festival) incontra Geppy Gleijeses, che ha sostenuto fortemente il progetto, per un allestimento fuori dai canoni.

Lelio il bugiardo è un giovane viveur che torna a Venezia per ricongiungersi al padre Pantalone e mettere la testa a partito dopo venti anni trascorsi a Napoli. Il gusto della conquista amorosa e la passione per le spiritose invenzioni creano un intreccio di equivoci, imbrogli e finzioni che coinvolgono tutti i protagonisti della vicenda.Le bugie sono feconde, una sola ne partorisce cento” Lelio lo sa e gode delle infinite vite possibili che l’arte della menzogna produce.

“Per combattere la crisi mondiale la famiglia Cannavacciuolo presenta” con questo incipit e l’introduzione della compagnia ha inizio lo spettacolo. Sin da subito sono evidenti i rimandi alla Commedia dell’Arte, le compagnie di giro, le famiglie dei teatranti (Geppy è in scena con il figlio Lorenzo) in un gioco di specchi tra finzione e realtà, Vita e Teatro.

Si gioca su tre livelli interpretativi: l’uomo/attore, l’attore/personaggio e il personaggio della piéce; il teatro nel teatro in un posto che non che non è neanche un teatro.

Geppy Gleijeses, dichiaratamente poco credibile nei panni di un ragazzo, tiene le fila della storia e della metastoria caricando il carattere del guitto capocomico. Il testo di Goldoni, tradotto e tradito come è giusto che si provi a fare è un punto di partenza che spinge a considerazioni altre sulla necessità e l’urgenza del fare teatro oggi che non spiccano per originalità. A che servono elucubrazioni ardite o visioni lontane se “è qua la nostra Palmira!”, a che serve stravolgere Goldoni se “la locandiera era una Pussy Riot ante litteram”.

Tanti gli anacronismi e i divertissement, giochi d’ombre e scelte musicali cult come la Bambola di Patty Pravo fanno pensare ad una costruzione dello spettacolo sulla base delle improvvisazioni in prova e delle inclinazioni degli interpreti.

Bravi gli attori, in particolare Luchino Giordana solido e pulito nel ruolo del mercante Pantalone e Lorenzo Gleijeses istrionico e attento ai cambi di registro da Brighella ad Arlecchino.

Le scene di Chloe Obolensky restituiscono l’immagine onirica di una Venezia fatta di assi di legno con il canale, via di approdo e fuga, che domina lo sfondo. Il bugiardo che viene fuori da questo allestimento è un po’ Don Giovanni, un po’ Pinocchio, ma i lazzi e le licenze del mattatore Geppy Gleijeses non risultano sempre riuscite e funzionali alla messa in scena.

C’è redenzione ma non pentimento per il Bugiardo di Arias che non intende rinunciare alla sua visione romanzata del mondo. Come possono in fondo i teatranti condannare i mercanti di storie per cui Viva le spiritose invenzioni che reinventano il mondo.

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