
[rating=3] Marco Baliani, regista e “spalla” di Stefano Accorsi nello spettacolo “Giocando con l’Orlando” fa il suo ingresso sul palco del Duse e viene a parlare direttamente sul proscenio. Ci spiega l’idea che ha avuto per lo spettacolo e come ha convinto Accorsi a seguirlo in quest’avventura, ma sinceramente non afferriamo fino in fondo il senso di questa sorta di intervista iniziale (questo è il secondo spettacolo che fanno insieme sull’Orlando, no?!). Lo spettacolo finalmente ha inizio e fin da subito si nota l’intenso lavoro compiuto sul testo: tutto in rima, persino nei punti di dialogo fra i due attori che scherzano, si prendono in giro e appunto giocano.
Delle molte storie parallele che si dipanano nell’Orlando Furioso di Ariosto, l’attenzione di Baliani si focalizza sulla figura dell’amore fra uomo e donna, in tutte le sue molteplici forme: è proprio l’amore che spinge l’uomo a compiere gesta eroiche e a farlo impazzire se non corrisposto. Donne bellissime, carismatiche guerriere o rosee principesse, ammaliano l’uomo che rischia la propria vita per salvarle, uccide altri uomini ed entra in guerra per averle, sfida gli dei per amarle. Gli epici cavalieri sono come incompleti, cercano costantemente di colmare questa loro mancanza “affettiva” mediante la soddisfazione del loro desiderio, e questa loro caratteristica viene spesso usata per irretirli, come fa Alcina nella sua isola incantata, trasformandoli poi in rocce e piante. Le molte storie raccontate si fondono bene insieme, la narrazione scorre in modo fluido e non pesante, anche grazie alle parti comiche inserite in un testo oggettivamente non semplice, con centinaia di storie parallele che si biforcano per poi ricongiungersi poco dopo.
Stefano Accorsi, al suo ingresso sul palco, sembra purtroppo un pesce fuor d’acqua. Poi si riprende ed inizia a “carburare” anche se purtroppo è come un’auto che ha soltanto la terza marcia: quando si viaggia a media velocità dà il suo meglio, è dentro il lavoro e risulta coinvolgente; quando scherza con Baliani, e quindi non è più la voce narrante, si perde ed è come se dovesse ripartire da fermo usando la terza marcia, impiega tempo per riprendere quota. La sua voce non oscilla, il tono e il coinvolgimento emotivo restano costantemente gli stessi per tutto lo spettacolo, inchiodati in un punto preciso. D’altra parte c’è da dire che il testo è molto difficile, lungo e articolato: gli sforzi per analizzarlo ed interpretarlo, ben visibili, non sono stati accompagnati da una ricerca delle emozioni dei vari personaggi e dei loro stati d’animo, purtroppo altrettanto visibile. Baliani, dal canto suo, è molto più naturale e a suo agio, anche quando scherza con Accorsi e lo prende in giro si vede che è dentro il lavoro.
La scenografia, costituita da alcune pedane in legno sovrastate da statue di cavalli colorati, offre la possibilità di alcuni pregevoli “piazzati”, cioè una luce ad hoc che illumina l’attore in modo suggestivo, ma alla fine non è stata ben sfruttata. Forse si poteva nascondersi dietro queste pire di legno, si poteva sdraiarcisi sopra, scandagliando altezze diverse da quella in piedi, rivolto verso il pubblico, evitando così l’impostazione troppo classica del narratore.
Un bello spettacolo ma di cui il “risultato finale” lo porta a casa quasi esclusivamente il testo, difficile da memorizzare, da interpretare e bello da ascoltare, anche se talvolta con rime ripetitive, un po’ prevedibili, o che forzano la linearità del testo come i paletti dello slalom obbligano lo sciatore.
Secondo me accorsi è stato fantastico. Nell’interpretazione della furia di Orlando non mi sembra sia in terza, bensì qualche marcia in più. Occupa bene il palco ed è fiancheggiato divinamente!
Per quanto concerne la scenografia condivido