Chi ha paura di Virginia Woolf?

Fino al 31 gennaio il regista e attore Arturo Cirillo porta in scena al Teatro Bellini di Napoli il dramma scritto da Edward Albee

[rating=4] Dal 26 al 31 gennaio il regista e attore Arturo Cirillo porta in scena al Teatro Bellini di Napoli il dramma Chi ha paura di Virginia Woolf?, scritto Edward Albee nel 1962 ma ancora attualissimo per le tematiche e la carica espressiva.

Il titolo risulta inizialmente enigmatico: esso deriva dal motivetto che nel testo originale, poi cambiato in parte da Cirillo, i due protagonisti dello spettacolo, Martha e George, ogni tanto canticchiano: “Chi ha paura del lupo cattivo?”. “Lupo cattivo” è la traduzione di “big bad wolf” che in inglese suona come “Virginia Woolf”, la scrittrice britannica affetta da depressione cronica e poi morta suicida, che Albee evoca con questo difficile gioco di parole, alludendo al malessere esistenziale che affligge Martha e George.

Lo spettacolo è un unico e continuo dialogo a quattro voci che si tiene tra le due coppie protagoniste che si trovano a confrontarsi e scontrarsi su temi come l’amore, l’incomunicabilità e l’angoscia del presente in un sabato notte all’insegna del whiskey e del brandy.

Da una parte ci sono Martha (Milvia Marigliano) e George(Arturo Cirillo), sposati da più di vent’anni, pieni di delusioni e speranze mal riposte, annoiati e disincantati, passano la vita a rinfacciarsi vecchie mortificazioni e a rimuginare su ciò che poteva essere e non è stato; dall’altra ci sono i novelli sposi Nick (Edoardo Ribatto) e Honey (Valentina Picello), belli e giovani, sembrano vivere le succose gioie dell’inizio, la passione delle nuove avventure e l’eccitazione dell’andare incontro ad un futuro che si prospetta roseo e costellato di successi.

Albee crea un gioco di specchi rendendo gli attori speculari tra loro: alla sensualissima, energica e volgare Martha si contrappone la diafana, fragile e timida Honey; così come a George, vecchio e stanco professore di Storia che non è riuscito a far carriera nonostante il suocero preside dell’università, si oppone Nick, giovane professore di biologia arrogante e sicuro di sé, pronto a tutto pur di conquistare il successo lavorativo.

Quello che all’inizio sembra un simmetrico gioco delle parti in cui ognuno sa quali panni vestire, si rovescia, dopo qualche bicchiere di troppo, e diventa una guerra del tutti contro tutti: Martha rinfaccia a George una vita di fallimenti, di rese e di sacrifici mentre George l’accusa di averlo tradito e maltrattato per vent’anni, Nick tenta di difendere Martha ma George lo sbeffeggia per quell’aria sicura di chi crede di sapere tutto nella vita, l’uomo risponde raccontandogli di come ha sposato Honey solo perché credeva di averla messa incinta e nel frattempo la ragazza, ubriaca, inizia uno strano balletto che viene interrotto da Nick che le dice che così si sta solo mettendo in ridicolo, lei scoppia in lacrime accusando il marito di disapprovare tutto quello che la rende felice, George racconta allora la storia che gli è stata raccontata poco prima, Honey è sconvolta e corre via, anche George va via e Martha finisce tra le braccia dello spregiudicato Nick.

Chi ha paura di Virginia Woolf?

I quattro tornano sulla scena, distrutti da questo scontro all’ultimo sangue ma è proprio nella resa e nell’ammissione delle proprie colpe che le coppie sembrano, sul finale, ritrovare un certo equilibrio e un po’ della tenerezza perduta.

Ad Arturo Cirillo va non solo il merito di aver scelto di portare in scena questo “testo bulimico ed estremo, sismico […] Una scena che va a pezzi, si spezza, crolla, come il nostro Occidente incapace di uscire da se stesso e vedere il mondo”, come egli stesso lo ha definito, ma anche quello di averlo recitato con la bravura e l’incisività che da sempre lo contraddistinguono; indiscutibile ‘diva’ dello spettacolo è però l’eccezionale Milvia Marigliano che riesce a far ridere, emozionare, far arrabbiare e commuovere lo spettatore con la sua bellissima interpretazione.

Per il suo testo coinvolgente e toccante e per la buona performance degli attori, questo spettacolo è da vedere, possibilmente senza la compagnia del partner per evitare un riaffiorare di vecchi rancori e la riapertura di ferite non ancora del tutto rimarginate su cui ogni coppia, come sembra dirci Albee, fonda la propria relazione.

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