
In scena dal 26 dicembre fino al 9 gennaio al Teatro Bellini di Napoli, Daniele Russo torna a vestire i panni della travestita Jennifer nella piece teatrale di Annibale Ruccello Le cinque rose di Jennifer, ruolo che gli è valso in passato il Premio Le Maschere del Teatro italiano.
Il testo è una pietra miliare della drammaturgia partenopea, intoccabile secondo alcuni, irreplicabile secondo altri perciò a Russo va riconosciuto un grande coraggio nell’affrontarlo, sul come però se ne parlerà tra poco.
Eterna contraddizione. Paradigma dell’ambiguità napoletana. Punto di riferimento, mito e desiderio di tutta la Napoli teatrale che ne conosce le battute a memoria. E’ un testo che, come tutti i classici ma in modo forse ancor più radicale, vediamo attraverso quello che è già stato, nella voce e nei corpi di chi già lo ha interpretato, primo fra tutti Ruccello stesso. (Gabriele Russo, regista)
Le cinque rose di Jennifer è un testo toccante sulla solitudine di una travestita che ogni sera attende la telefonata del suo amato Franco, un genovese conosciuto tre mesi prima che dopo averle rubato il cuore è ripartito promettendole di farsi vivo lui. Jennifer vive attaccata al telefono nell’eterna speranza che il suo amore la chiami, ad ogni squillo il suo cuore sussulta fino al momento in cui, alzata la cornetta, non si rende conto che dall’altro capo del filo non c’è Franco ma tutta l’umanità del suo quartiere la cui linea telefonica – per uno strano errore – confluisce sulla sua.
Jennifer si aggrappa vorace e smaniosa di contatto umano a quelle telefonate ricevute per sbaglio si racconta, si confessa e si concede a quegli estranei, persino al suo persecutore che continuamente le fa scherzi telefonici.
Ad acuire la solitudine della protagonista ci sono le notizie alla radio circa un serial killer di travestiti che sta facendo strage nel quartiere, gettando il germe della paura nella piccola comunità napoletana.
Daniele Russo regala al pubblico una Jennifer, a mio parere, macchiettistica, lontana dalla ormai nata e affermata sensibilità verso il mondo LGBTQ+; Le cinque rose di Jennifer è anche un testo politico, di denuncia dell’emarginazione che le persone travestite vivono perché allora infarcire il personaggio di gridolini, voci in falsetto, mosse esagerate? Nel 2021 siamo lontani da queste stereotipizzazioni da “bagaglino”, perché scegliere di rappresentare Jennifer proprio secondo quei canoni?
Insomma, ridare vita al testo di Annibale Ruccello poteva essere una nuova occasione di dare al teatro anche quel valore politico e militante che è alle sue origini, elevandolo al di sopra di intenti di puro intrattenimento.
So che la mia è una voce fuori dal coro, Russo è stato premiato come detto all’inizio per la sua interpretazione ma come dicevano i latini de gustibus…
Insieme a Russo in scena anche Sergio Del Prete nei panni di Anna, alter ego/spettro/vicina di casa di Jennifer che, in abiti scuri, come un’ombra ruota attorno al protagonista; l’attore riesce a trasmettere un senso di profonda inquietudine e turbamento allo spettatore dando alla piece quel tocco noir che le conferisce senso e profondità.
Ben riuscita pertanto la regia di Gabriele Russo che si avvale anche delle scene di Lucia Imperato e dei costumi di Chiara Aversano.
Nel complesso lo spettacolo non (mi) convince del tutto e lascia con l’amaro in bocca di un’occasione purtroppo mancata.