
L’agghiacciante attualità del romanzo di Vincenzo Cerami, il successo cinematografico di Mario Monicelli, nel riadattamento teatrale di Fabrizio Coniglio, porta in scena Massimo Dapporto e il grottesco desiderio di un ministeriale di far entrare il proprio figlio nel carrozzone dove lavora da oltre trent’anni. Il problema è trovare una scorciatoia perché Mario un discreto Matteo Francomano, superi scritti e orali. “La legge è uguale per tutti” importante è superare le prima prova e poi una volta davanti la commissione qualcosa si può fare. A meno che Giovanni, anchorman, abbastanza isolato sul palco, Massimo Dapporto appunto, non attenda che si accenda la luce: allora potrà entrare e varcare in modo privilegiato la porta di accesso alle informazioni secretate del concorso.
Tre spazi caratterizzano la scena: la casa di campagna, l’abitazione di Giovanni, Amalia e Mario, e l’ufficio del dirigente ministeriale. A pesca padre e figlio decidono le sorti del ragazzo, ma non ci sono soldi e la difficoltà del concorso porta il genitore a trovare un raccomandazione e a recarsi supplice dal “forforoso” superiore del suo ministero per sapere quale sia la trafila per arrivare in modo più veloce all’assunzione. Un manuale per entrare nei poteri forti vira la vita della famiglia piccolo-borghese a privilegiare gesti che includano ovunque il numero 3 ovvero il 7. L’escamotage funziona: le tracce arrivano a domicilio ed anche le risposte, anzi tempo, ma al momento della prova scritta il caro Mario viene ucciso, forse perchè non erano stati offerti credibilità e doveroso obolo ad uno della cricca, nei panni di mendicante.
A processo l’omertà cui è d’uopo soggiacere non permette di riconoscere il colpevole, tra i vari indicati, come presunti omicidi, e il padre dopo aver trascinato l’assassino nella casa di campagna, cerca di farsi giustizia da solo. Il figlio è morto, la moglie oramai in stato vegetale dopo una trombosi al triste occorso, tramutano in ulteriore miseria la vita di Giovanni sotto ricatto di ulteriori intimidazioni. Uno spaccato di una società che vede nel superamento della legalità, la necessità per l’affermazione. Via le pari opportunità, bisogna accettare qualsiasi umiliazione per sopravvivere: questo il tracciato cui è ispirato lo spettacolo ed il famoso testo.
La regia piuttosto amatoriale di Fabrizio Coniglio poco rendono merito ai 3 David di Donatello e ai 4 Nastri d’argento che si aggiudicò con la pellicola del 1977, di medesimo titolo, di Mario Monicelli. Il pubblico è poco e la bravura nota di Dapporto appena supportato da un ritmo diretto a sguardi, del coprotagonista, non permettono al testo di decollare sulle tavole del teatro.