Con “La febbre del sabato sera“ gli anni ’70 accendono il Teatro Olimpico

La disco music torna in scena nell’esplosivo musical targato Claudio Insegno

Dopo quaranta anni la “febbre” non è ancora passata, anzi è aumentata e sembra quasi impossibile trovare un antidoto che possa farla scendere, ne sa qualcosa il pubblico che sta facendo registrare il tutto esaurito al teatro Olimpico di Roma dove è in scena il musical La febbre del sabato sera revival tratto dall’omonimo leggendario dance movie (diretto da John Badham e interpretato da un giovane John Travolta); a firmarne la regia, dopo il successo di “Jersey Boys“, quel mostro di bravura che risponde al nome Claudio Insegno.

Il film, da cui appunto trae ispirazione lo spettacolo, uscì nelle sale cinematografiche nel 1977 e la colonna sonora, con canzoni originali dei Bee Gees, nel giro di un mese balzò in testa alle classifiche cambiando per sempre la storia della disco music.

Perno della storia è l’italo americano Tony Manero, un ventenne un po’ sbruffone, estroverso e simpatico rissaiolo di Brooklyn, che conduce una grigia vita da commesso in un negozio di ferramenta, ma possiede uno spiccato talento naturale per la danza, attraverso cui cerca un riscatto umano e sociale: il sabato sera, dopo una settimana di duro lavoro, nulla può impedirgli di indossare i pantaloni a zampa d’elefante e le sue camicie dai grandi colli a punta per andare nella mitica discoteca “Odyssey 2001”, dove conquista ogni ragazza, suscitando l’invidia di tutti i “machi” presenti.

Sullo sfondo, i sogni, le frustrazioni, la vita notturna dei giovani proletari contrapposta alle serate sfarzose dei ricchi nel cuore degli anni ’70: il sogno di Tony e dei suoi amici è l’inaccessibile Manhattan (al di là del fiume e del ponte), simbolo di una vita sicuramente più dignitosa.

Nel ruolo che fu di John Travolta un energico Giuseppe Verzicco, già Danny Zuko in “Grease”,  balla e  canta con sicurezza,  sfoderando un certo sex appeal che non ha nulla da invidiare a John Travolta, rimane in scena praticamente per tutte le due ore dello spettacolo, senza risparmiarsi e riuscendo a interpretare il “suo” Tony Manero, senza tradire l’originale, non imitandolo, ma dandone una sua  personale interpretazione convincente e accattivante.

Al suo fianco una grintosa e affascinante Anna Foria nel ruolo della volitiva Stephanie Mangano; Giada D’Auria perfetta nei panni dell’innocente e sognante Annette; Luca Spadaro  è Bobby C, il migliore amico di Tony, il portoricano del gruppo  di amici formato da Samuele Cavallo (Joey), David Negletto (Double J) e  Francesco Lappano (Gus). Mentre Alessandra Sarno e Gaetano Ingala  interpretano i genitori, rispettivamente nei ruoli di Flo e Frank Manero, provocando ilarità con i loro divertenti  dialoghi dal forte accento dialettale. Gianluca Sticotti  (DJ Monty) escogita trovate e gag che, con la sua voce intonata e le sue accattivanti movenze, fanno di lui uno degli interpreti più interessanti;  Giovanna D’Angi, nel ruolo di Candy, è assolutamente radiosa e scintillante  (e non solo per i suoi lustrini), con il suo timbro trascinante ed avvolgente; entrambi con le loro portentose voci fanno ballare tutti i ballerini (ma anche il pubblico sulle poltrone non è da meno) nel mondo della “disco infernale”, tra cui Alex Botta (Frank Jr.), il saggio fratello di Tony, Arianna Galletti (Pauline) tenera ed intensa (toccante la sua interpretazione di “How Deep is Your Love”)Monica Ruggeri  (Linda Manero) e tutto il corpo di ballo composto da Fabio GentileIlaria LeoneCamilla LucchiniCarolina MolloJessica FalceriMarco VentrellaEneris VeidiaJaner Venares.

Così, tra una camicia e l’altra sbottonate al punto giusto, tra capelli perfettamente impomatati e laccati o ultracotonati, cinture e collane variopinte, con i meravigliosi costumi di Graziella Pera, gli abilissimi giochi di luce  di Valerio Tiberi, le belle coreografie di Valeriano Longoni e il suggestivo impianto scenografico di Roberto e Andrea Comotti,  che offre una straordinaria dinamicità e rende bene l’anima della periferie,  si susseguono i diversi mood che si alternano sul palco: l’amore, il tradimento, il bullismo, la paura di una vita che non è proprio come la si voleva. E poi la casa e le litigate coi genitori e tra fratelli, la discoteca e le conquiste, la strada e il sogno di Manhattan, dove tutto è reale e possibile.

La musica, tanta e trascinante, è al centro di ogni evento narrato e protagonista soprattutto della vita di Tony; vengono riproposte le celeberrime hits grazie alla presenza di un’orchestra dal vivo diretta da Massimo Carrieri, con la supervisione di Angelo Racz. Ecco allora che sul palco si sprigiona un’energia incredibile e contagiosa: le scenografie sono quasi vive, i cambi di scena sono complementari alla narrazione e catapultano il pubblico nella New York della fine degli anni ’70 con grande veridicità e tutto diventa esplosivo, l’energia di questi giovani trasmette entusiasmo e fa venire voglia di  ballare durante le hit leggendarie dei Bee Gees, segno che la febbre ancora non è passata.
La versione di Insegno resta fedele a quella cinematografica nello spirito, ma più comica e allo stesso tempo più profonda delle ultime versioni teatrali, e in tal senso ha centrato il bersaglio regalando al pubblico italiano un musical di grande valore, con un’attenzione lodevole ai particolari e con un cast di giovani talenti che convincono e regalano grandi emozioni.