
Certe serate si riconoscono subito: basta il primo passo, la prima inflessione, la prima incrinatura del silenzio. This is a premiere si apre con quella qualità sospesa tipica degli spettacoli che non vogliono impressionare ma insinuarsi, come se la scena respirasse un tempo tutto suo. È un’apertura che richiama la disciplina dell’attesa cara al Tanztheater, dove il gesto si carica di un’aria sottile e il corpo diventa architettura di memorie.
Qui, però, la tensione non è drammatica: è una tensione giocosa, declinata con l’eleganza complice di chi conosce la fatica della scena e sceglie di raccontarla con levità.
La nuova tappa della stagione di danza dei Teatri di Pistoia trova nel Funaro il luogo perfetto per questo incontro a due. Cristina Morganti e Emanuele Soavi si fronteggiano come due estetiche che non cercano sintesi: lei, erede naturale di una certa genealogia bauschiana, capace di filtrare la vita attraverso piccoli lampi teatrali; lui, danzatore dal rigore plastico, scolpito nella precisione di un linguaggio più formale. L’incastro funziona proprio perché non tentano di somigliarsi: costruiscono un dialogo di contrasti, fatto di microfratture, scarti, autoironie.

La giacca di Soavi tempestata di tappi rossi della Cola-Cola definisce da subito l’orizzonte poetico della serata: un riciclo non solo materiale ma concettuale, dove la memoria delle loro precedenti coreografie viene scomposta e riassemblata. Un metodo che richiama certe pratiche del re-enactment contemporaneo, da Jérôme Bel a Xavier Le Roy, ma privato del gelo concettuale che spesso le accompagna. Qui tutto è dichiarato, niente ostentato.
Lo spettacolo trova la sua forma migliore nei momenti in cui affiora la biografia, senza sentimentalismi. I due evocano gli oltre vent’anni trascorsi lontano dall’Italia, come se lo spettacolo assumesse la forma di un’intervista impossibile: domande immaginarie si insinuano tra i gesti, e i performer rispondono con la lucidità leggera di chi osserva il proprio Paese da una distanza che è insieme ferita e privilegio. Raccontano cosa significhi essere artisti italiani in Germania e cosa resta oggi della funzione del teatro.
Tra i racconti affiora anche l’aspetto più intimo del processo creativo: la fatica della produzione, le derive e le mode che segnano il contemporaneo, i divieti non detti, le regole che spesso soffocano più che guidare. Morganti e Soavi ne parlano con ironia sottile, rivelando come ogni spettacolo nasca non solo da un’idea ma da una rete complessa di scelte, rinunce e mediazioni. Il risultato è uno sguardo lucido e insieme giocoso sulla danza oggi: un mondo che, tra estetiche imposte e trend effimeri, richiede coraggio per restare sé stessi.

La leggerezza è la cifra costante, ma non è mai superficialità. È un modo di stare in scena che dialoga con la sofisticata economia dei mezzi: sottrazione pensata, uso del tempo calibrato, ritmo interno che tiene insieme parola e movimento con naturalezza rara nelle forme ibride. Solo occasionalmente emerge una certa insistenza nella battuta, come se lo spettacolo temesse la propria rarefazione, subito riassorbita nella struttura complessiva ben calibrata.
Il pubblico lo avverte e risponde con ascolto vivo. La serata viene attraversata da un episodio extradiegetico: una madre in prima fila con un bambino che tossisce incessantemente. Il suono interrompe la scena, sfianca. Morganti, dopo aver tentato di mantenere la continuità, concede uno sguardo al pubblico e un commento asciutto: “Stasera sarà dura arrivare in fondo.” Un frammento di realtà che irrompe nella finzione, piccolo cortocircuito sociale in uno spazio che richiederebbe ascolto.
This is a premiere resta un atto di leggerezza consapevole, un collage di memorie fisiche e teatrali, un duetto che non cerca armonia ma convivenza. Uno spettacolo che preferisce la finezza al clamore, la variazione alla prova di forza, il sorriso obliquo alla dichiarazione programmatica.














