
“Dell’amor più desto è l’odio, le sue vittime a colpir”. Il re, il suo miglior amico e Amelia una grande storia di amore e di amicizia, con una musica eccelsa e bene diretta, in un ambientazione vivida e colorata dai costumi è contesto di grande atmosfera. Una prestigiosa sala del palazzo reale nelle scenografia ideata da Federica Parolini, accoglie il paggio Oscar, la brava, agile e leggera Serena Gamberoni, con la lista degli invitati al ballo. Il re la scorre e il nome Amelia ne inebria il cuore e l’animo.
La regia di Leo Muscato introduce, con buon intuizione, tre coni di luce, come da efficace disegno di Alessandro Verazzi, leit motiv dei tre atti. E all’interno si dispongono il capitano Anckarström, appena sopraggiunto, amico fedele e fidato del re, quest’ultimo focus della situazione, e Amelia e tutta la scena brucia dell’estasi di questi ultimi. Il sopraggiungere della sospetta indovina Arvidson, crea nei giudici il desiderio di esiliarla, ma il divertito presagio del futuro nelle parole di Oscar e nel desiderio di tutti, crea l’occasione di per travestirsi e farle visita.
Chioma fluente bianca e siamo nell’abituro di Ulrica le gente acclama l’amato sire e chiede lumi sul futuro. Amelia in preda ad un amore irresistibile ne riceve di raccogliersi nel luogo dei morti e il re apprende che morirà per mano del suo migliore amico. “È scherzo od è follia siffatta profezia. Ma come fa da ridere, la lor credulità!” C’è anche Anckarström e la sua fidata stretta di mano a chiudere la scena.
E’ mezzanotte in un campo malfamato nei dintorni di un cimitero. Un incantato bosco di vapori, alberi senza rami e né foglie, tronchi recisi, tutto sotto luci di tonalità verde notturno ed Amelia in preghiera che cerca di calmare i suoi bollenti spiriti. Sopraggiunge Gustavo e l’amore tra due è un effluvio, ma lei rivela di essere la moglie del capitano Anckarström e se il sentimento è forte: non un bacio, vince l’amicizia. Egli desidera che non arrivi il giorno e ella la morte a tale sofferenza. Ma benché Amelia si asconda nel cappuccio di un mantello blu mare, Renato, il marito, scoprirà l’arcano e mediterà vendetta.
Uno studio è la stanza che apre al desiderio del capitano di uccidere Amelia e il suo amico Riccardo. L’apparire del figlioletto e la preghiera della moglie, cui la bellissima armonia dell’arpa fa da sottofondo, vireranno la vendetta in capo al re! Eccolo solo nel suo sontuoso gabinetto a desiderare di rivedere ancora una volta la sua fiamma in un ballo in maschera.
Scena bellissima quella della festa: tutti i coristi in bianco e nero, supporati da una session rigorosa nel ” golfo mistico”, cantano e ballano, quasi un hip hop, in una sala di specchi, guidati da Oscar, brillante ed eccelso anche nelle sue capriole e tra maschere dai colori fluo. La musica nella direzione di Jesús López-Cobos, non è da meno in un Verdi di tutto rispetto. Gli uomini in domino e Gustavo distinto per il nastro rosa, troverà in questo dettaglio il luogo del suo destino. Belli anche i costumi, a tratti contemporanei, di Silvia Aymonino.
Arvidson, il contralto Dolora Zajick, nell’apparire all’uscio della sala, lo compirà e insieme ai tre coni di luci sui tre protagonisti come nel primo atto, e i meritati appalusi alle voci e ai protagonisti di questa edizione: Francesco Meli, Hui He, Simone Piazzola, tenore, soprano e baritono rispettivamente, condurrà all’epilogo. “…io che amai la tua consorte, rispettato ho il suo candor…” è il grido d’amicizia di Riccardo, a chiusa di un’opera veramente ben fatta.
















