La truce Elektra firmata Guy Joosten

[rating=4] Una sola volta, nel lontano 1969 e in lingua italiana, Elektra di Richard Strauss è stata inscenata al Teatro Comunale di Bologna. Il suo ritorno, verso la fine della stagione lirica 2015, rappresenta una ghiotta occasione, per il pubblico felsineo, di poter godere di uno dei massimi capolavori musicali del XX secolo. Nel 1906 l’autore tedesco aveva visto a Berlino Elektra di Hugo von Hofmannsthal, nell’interpretazione di Gertrud Eysoldt, con la regia di Max Reinhardt. Colpito dalla forza drammatica della pièce, Strauss decise di collaborare con il giovane scrittore che in breve divenne uno dei suoi librettisti più fidati. Ultimato il testo, l’opera venne stesa tra luglio e settembre 1908 e rappresentata per la prima volta al Königlisches Opernhaus di Dresda il 25 gennaio 1909 con la direzione di Ernst von Schuch. Hofmannsthal cercò di preservare lo svolgimento della tragedia sofoclea pur donando alla protagonista i tratti, assenti nell’originale, dell’ossessione legata alla precaria situazione familiare.

Elektra_ph Rocco Casaluci

L’idea registica di Guy Joosten è stata ideata, per questa coproduzione con il Théâtre de La Monnaire di Buxelles e il Gran Teatre del Liceu di Barcellona, con la collaborazione di Patrick Kinmonth, scene e costumi, e Manfred Voss, luci. Ne sortisce un allestimento rimodernato nel quale l’ampio spazio del palco bolognese accoglie la truce vicenda di sangue in un cortile ricolmo di barili, controllato da aguzzine e delimitato da pareti consunte, con un’alta scala che conduce all’ingresso del palazzo. Il rifugio di Elektra assume l’aspetto di una stanzetta surreale in cui la vivacità delle tinte e la cura dell’aspetto rendono ancor più palpabile e angosciante l’attrito con la scialba realtà circostante. È tangibile e dirompente la violenza che muove azione e personaggi: Joosten sottolinea il rancore, sempre ben evidente, e l’incapacità d’amare fino allo sconvolgente epilogo con la Pietà al contrario (Elektra giace tra le braccia di Oreste).

Si muove nella stessa direzione la concezione musicale di Lothar Zagrosek, posto alla guida dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna. Benché la compagine denoti qualche lieve appannamento, il lavoro complessivo del direttore presta attenzione alle oasi liriche, dove si stempera l’incessante cavalcata verso la catastrofe finale, senza dimenticare la grande considerazione per i dettagli al cospetto di un organico tra i più nutriti della storia. Efficace l’apporto del Coro del Teatro Comunale di Bologna preparato da Andrea Faidutti.

Il cast vocale è omogeneo. La protagonista Elena Nebera ha qualche piccola incertezza nell’affrontare la complessa parte ma riesce a padroneggiare la scrittura con valido apporto personale e senza risultare accademica. La sorella Chrysothemis, assai più legata alla vita e speranzosa nel futuro, beneficia dell’interpretazione spigliata del soprano tedesco Anna Gabler che si avvale di uno strumento limpido e capace di far valere anche i risvolti più animosi della giovane. Natascha Petrinsky è una Klytämnestra forte di una vocalità particolarmente densa, messa al servizio di una visione umana della diabolica madre: nell’efficacia della sua prova scenica, dalla quale si evince grande classe attoriale, risiede il connubio tra approfondimento registico e maturità artistica.

Elektra_ph Rocco Casaluci

Meritano menzione tutte le figure femminili implicate nella vicenda: Alena Sautier, Eleonora Contucci, Paola Francesca Natale, Constance Heller, Daniela Denschlag e Eva Oltiványi. Tra le voci maschili spicca l’Orest di Thomas Hall, baritono dalle indubbie doti, corroborate da una valida credibilità recitativa. Il suo rapporto con il repertorio tedesco, nel quale è già stato apprezzato a Bologna, denota proprietà di fraseggio e d’accenti. Anche la prova di Jan Vacik, nei panni di Aegisth, si rivela compiuta per quanto attiene la capacità di cogliere gli aspetti più sordidi e goffi del personaggio. A completare la nutrita compagnia canora vi sono Luca Gallo, precettore di Orest, e Carlo Putelli, giovane servitore. Pubblico molto nutrito e caloroso, senza riserve, al termine.

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