
E Firenze ritorna al Barocco: il Maggio Musicale Fiorentino dal 18 al 22 giugno ha portato al Teatro della Pergola L’Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi per la regia di Pier Luigi Pizzi e la direzione di Alan Curtis.
L’opera, l’ultimo dramma in musica di Monteverdi, andata in scena per la prima volta a Venezia, nel periodo di Carnevale del 1643, al Teatro Grimani, altresì noto come SS. Giovanni e Paolo, su libretto dell’avvocato veneziano Gian Francesco Busenello, un libertino della veneziana Accademia degli Incogniti, tratta delle vicende storiche della Roma Imperiale di Nerone e dell’amore dell’Imperatore verso la dama di corte Poppea, tra eros e delitto, sublime e triviale, tragico e beffardo. Essa mette in scena le passioni più cruente dell’animo umano su un recitativo che mostra tutta la sua ricchezza espressiva e ben si adatta alla dinamica psicologica e narrativa del dramma, con brevi passi di espansione melodica segnati da iterazioni verbali, vocalizzi, cromatismi e regolarità degli impulsi ritmici del basso.
L’opera inaugura l’epoca del melodramma, aprendo larghi spazi melodici nel corpo della recitazione e sostituendo al mito la tragicommedia storica. Inoltre si mostra emblematica del percorso formativo di Monteverdi, racchiudendo in sé tutte le innovazioni della “seconda pratica”, in cui «per signora dell’armonia pone l’oratione», e dello stile concitato volto a rappresentare gli affetti iracondi e guerreschi: si pensi alla stichomythia tra Nerone e Seneca nella scena IX del primo Atto, o ancora «Flagelli, funi, fochi» scagliati da Nerone nel terzo Atto contro Drusilla.
Il dramma in musica monteverdiano risulta di una contemporaneità unica proprio in quel trattare con semplicità di mezzi espressivi le sottili sfumature psicologiche di una società eticamente corrotta, caratteristica messa particolarmente in luce dalla regia di Pier Luigi Pizzi, che scava i personaggi mettendone in luce tutta l’eroticità e fa di Nerone, reinterpretando in chiave omoerotica la scena V del secondo Atto tra Nerone e Lucano, un degno protagonista del De Vita Caesarum di Svetonio. La scenografia è austera e monumentale, ambientata in esterni di ricchi palazzi romani, tra porticati, scalinate imponenti ed un grande triclinio per la voluttuosa Poppea; gli abiti sono atemporali, scissi tra antico e moderno in una «rigorosa volontà di semplificazione», anche se non completamente convincenti.
Efficace l’interpretazione scenica e la complicità tra Jeremy Ovendennei panni del lascivo Nerone e Susan Graham,una Poppea baciata dall’Amore e dalla Fortuna; perfetta Ana Quintans nella parte vocale e fisica della puraDrusilla; di una comicità dirompente e al passo con la futura opera buffa laNutricedi Nicola Marchesini; drammaticamente cupa José Maria Lo Monaconei panni della ripudiata Ottavia; severo e penetrante il Seneca di Matthew Brook; poco emergente lo scisso Ottone di Anders Dahlin.
Ottimo il complesso barocco e l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretti dal magistrale Alan Curtis che restituisce all’opera tutta la sua sublime drammaticità.
L’esecuzione è stata accolta da lunghi e prolungati applausi.