Neanderthal sarà lei!

[rating=4] Con il suo saggio, Neanderthal sarà lei! (LuoghInteriori, Città di Castello, 2015), Stefano Rufini, docente di Patologia Clinica alla facoltà di Medicina di Perugia, sua città natale, inizia a riscrivere la storia dell’uomo.

Da sempre, fin dai primi anni trascorsi sui banchi delle scuole elementari o primarie che dir si voglia, ci hanno insegnato che siamo diretti discendenti dell’Homo sapiens, anziché dell’Homo di Neanderthal, estintosi milioni e milioni di anni fa. Sembra invece che l’uomo di Neanderthal non si sia mai estinto ma, piuttosto, si sia imparentato con il Sapiens, aprendo la genetica a nuovi studi e nuove frontiere, constatando la sempre più certa sovrapponibilità dei genomi delle due diverse specie.

Un libro da leggere tutto d’un fiato e, appena terminato, ripartire dall’inizio per apprezzarne maggiormente il valore, non solo strettamente scientifico.

Questa recentissima scoperta la gustiamo, pagina dopo pagina, in compagnia di Amin, un dodicenne che vive nel suo regno in Tanzania, della sua grande famiglia Khoisan, abili cacciatori-raccoglitori, del paleoantropologo francese Alain-René Laplace, detto Al, del medico ricercatore portoghese Angela Maria De Abreu Freire Moniz e della fotografa del National Geographic Alexandra, con la sua Canon EOS !DM4 gialla e nera, sempre pronta ad immortalare i più spontanei momenti della ricerca.

Dall’incontro di Angela con il paleoantropologo si innesca la miccia per l’avventura africana. Angela per ricevere nuovi fondi per la sua ricerca, doveva consolidare la sua ipotesi, verificando se, in una delle ultime popolazioni nomadi africane fosse o meno presente un gene ancestrale responsabile della spinta alla migrazione di quei popoli e, quindi, all’imparentamento dell’uomo di Neanderthal col Sapiens.

Dalla mutazione di un semplice gene si chiuderebbe la diatriba su Sapiens e Neanderthal, un solo gene, il Dr, elemento chiave del comportamento umano, quel Dopamine Receptor che stabilisce l’intensità del piacere sostituendo la vecchia classificazione con due nuove specie: l’uomo stanziale, nel quale il DR funziona in modo perfetto, e l’uomo migratore, nel quale il DR è ipofunzionante.

Lo spirito migratorio del Sapiens è rimasto tale finché non ha incontrato il Neanderthal e il suo gene DRD4, quello della stanzialità. Il DRD4 è un gene polimorfo, quello che oggi denota la “malattia”, quella “strana patologia” che è tanto in voga, soprattutto in ambito scolastico, nota col nome di Deficit di Attenzione con Iperattività.

Questa “terribile malattia” altro non è che la continua ricerca di emozioni forti in quegli individui considerati “selvaggi inadattabili”. Da Neanderthal (Germania) all’Africa il passo è breve, colpa di quelle migrazioni che hanno, geneticamente, sommerso i Neanderthal a favore dei Sapiens e di quel gene mancante DRD4 che ha condotto e continua, fortunatamente, a condurre all’infelicità, dalla quale, però, nascono le più meravigliose scoperte.

Riscriveremo, dunque, la storia dell’uomo grazie alla genetica e al DRD4 che, incessantemente, si insinua nei più disparati genomi, regalandoci la felicità!

Grazie a questo saggio, nel quale si uniscono una molteplicità di professioni e di interessi – dalla paleoantropologia, alla medicina, alla ricerca, alla fotografia, alla genetica – Stefano Rufini si è classificato al primo posto per la sezione saggistica al Premio Letterario “Città di Castello”, edizione 2014.

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