Self Unfinished: Il mondo capovolto di Xavier Le Roy

[rating=3] Il Festiva Fabbrica Europa da oltre 20 anni (siamo alla XXI edizione) concentra a Firenze un’ottima selezione di artisti della scena contemporanea internazionale con le loro ultime creazioni. Quest’anno è stata altresì l’occasione per assistere a riprese di performance passate, che hanno segnato l’inizio sulla scena di performer o gruppi, come Terramara del duo Abbondanza/Bertoni datata 1991 e Self Unfinished di Xavier Le Roy del 1998.
Proprio quest’ultima del coreografo e micro-biologo francese Xavier Le Roy, andata in scena ai Cantieri Goldonetta CANGO di Firenze, è un’anti coreografia sui generis per corpo solo, che pone l’accento sulle possibili mutazioni di un organismo.

Lo spazio asettico in cui incontriamo Le Roy seduto ad un tavolino, è come un enorme involucro bianco, illuminato da 36 luci a neon appese al soffitto. Oltre al danzatore, il tavolo e la sedia (bianchi), sulla sinistra verso la platea irrompe solitario nella candida distesa, un minuscolo stereo portatile. Dopo una lunga attesa, il danzatore si alza e si direziona verso lo stereo, preme un tasto e torna a sedersi. Dagli altoparlanti non esce alcun suono oltre al silenzio.

Con questa premessa, dopo una pausa più lunga della precedente, Xavier inizia a muovere gli arti meccanicamente, rumoreggiando con la voce suoni riconducibili ad un automatismo robotico. Ogni minimo movimento è accompagnato da un sottofondo vocale, simulando minuziosamente il percorso della macchina dal tavolino fino allo stereo, dove preme nuovamente il pulsante con il medesimo esito: silenzio. Da qui una marcia robotica inversa, al rallenty, lo riporta fino al punto di origine. A seguito della consueta pausa prendono forma le contorsioni e la decostruzione corporale.

Xavier Le Roy "Self Unfinished" - @ Katrin Schoof

Liberatosi di camicia e scarpe, con un abito da donna nero indossato al contrario, dal petto in su, verso la testa, che copre l’artista come un involucro tubolare, Le Roy sviluppa una serie di figure ibride, dove è difficile individuare il confine tra il riflesso delle due parti del corpo contrapposte. Il busto inarcuato dell’artista si scompone nello spazio, ciò che resta di lui sono due mezzibusti privi di testa, un invertebrato gigante che si muove avanti e indietro, alla ricerca di una via d’uscita, fino a disciogliersi a terra e scoprirsi nuovamente mutato, in un corpo apparentemente femminile (l’abito è ora srotolato dal verso giusto).

Dopo il rituale stereo e pausa al tavolino, Le Roy si spoglia completamente nudo ribaltando la realtà. Il coreografo spalle al pubblico, nella posizione yoga dell’aratro, dà vita a una serie di figura biomorfe, dove il pallore della carne evoca il bianco marmoreo delle sculture di Henry Moore. Abbozzi di materia umana compaiono e scompaiono, fondendosi l’una nell’altra in una sola moltitudine. Un alieno, un pollo, una chiocciola, un insetto. Un compendio di illusioni pronte ad essere interpretate dal pubblico pensante. L’artista, una volta rivestito, torna alla posizione iniziale, congedandosi con il pubblico premendo sullo stereo, che finalmente suona.

Xavier Le Roy "Self Unfinished" - @ Katrin Schoof

Sel Unfinished mostra evidenti segni del tempo, che rivelano i 16 anni trascorsi dal debutto, con pause enormi e una frammentazione delle scene ricorrenti con movimenti spesso ripetitivi. Colpisce la perfezione con la quale Xavier Le Roy realizza e fa muovere le sue creature “non finite”, forgiando la materia del corpo umano come un maestro tornitore plasma l’argilla. Una lenta esibizione di bravura e originalità, aperta a visioni e letture, dominata dallo spogliarsi del proprio corpo, dai legami e dell’idea fin troppo definita che abbiamo di noi stessi.

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