Quando la parola si fa danza, così Kinkaleri interpreta John Giorno

[rating=3] Uno scheletro appeso sulla destra del palcoscenico e il battito del cuore in sottofondo accolgono gli spettatori del Teatro Fabbricone di Prato per l’ultima produzione del gruppo Kinkaleri dal titolo Someone In Hell Loves You, che si colloca all’interno dell’opera modulare All! dedicata e ispirata alla figura di William S. Burroughs.

Se non avessimo in mano un opuscolo fornitoci dalle maschere del teatro, diremmo che i danzatori in scena stanno semplicemente ricreando una coreografia contemporanea ispirata all’opera di Burroughs. Ma ovviamente non è così. Infatti i tre performer Jacopo Jenna, Marco Mazzoni e Simona Rossi, sono impegnati a interpretare con il proprio corpo la poesia It Doesn’t Get Better di John Giorno, poeta culto della beat generation. Ma come? Attraverso un codice gestuale creato da Kinkaleri, che traduce in movimento le lettere dell’alfabeto.

Ed è così che portando il braccio in avanti si produce una “a”, alzando la mano alla spalla una “b”, lanciando il braccio sopra la testa una “c”, continuando gesto dopo gesto fino a giungere alla “z” che si interpreta girando su se stessi. La creatività dei Kinkaleri non lascia niente al caso interpretando anche i segni della punteggiatura e le doppie. I movimenti che ne derivano fanno sì che le parole sfocino in una danza e che la poesia sia recitata attraverso il corpo. Con questo codice corporale Kinkaleri ha dato forma al breve movimento coreografico della poesia del poeta newyorkese.

Someone In Hell Loves You. Kinkaleri e John Giorno - Foto Ilaria Costanzo

Ne è seguito un’inaspettata intervista a John Giorno, ricca di aneddoti personali su droga, religione e soprattutto sulla professione di poeta, riportando alla luce la fraterna amicizia con Burroghs, Cage e Warhol, e l’esperienza del Dial-A-Poem, il servizio di poesia al telefono inventato da Giorno alla fine degli anni ’60, che rivoluzionò l’uso del telefono avvicinando per la prima volta la poesia alla comunicazione di massa. Al termine dell’intervista aneddotica, intervallata da una scanzonata lezione “anatomica” sul “nuovo alfabeto Kinkaleri”, la duplice “lettura” della poesia It Doesn’t Get Better (Non Va Meglio) con la danza dei Kinkaleri che ne ricalca i primi versi e una magnifica interpretazione vocale di John Giorno, fiore all’occhiello della performance.

Someone in hell loves you rappresenta una tappa di avvicinamento di Kinkaleri nella ricerca di un nuovo idioma coreografico unito alla poesia. Anche se l’esibizione pura si consuma in una quindicina di minuti, l’indagine fisica da loro condotta porta alla luce un nuovo modo ragguardevole di interpretare il linguaggio confluente nella danza. Un tassello di un puzzle ancora in divenire.

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