
Quinta prova per la regista Sofia Coppola , in The Bling Ring (uscita del film prevista per il 26 settembre 2013) la regista narra, nella sua personale visione, la cronaca dell’ impresa descritta su Vanity Fair dalla giornalista Nancy Jo Sales nel marzo 2010.
Los Angeles. Un gruppo di adolescenti, Rebecca (Katie Chang) e Marc (Israel Broussard), assieme a Nicki (Emma Watson), la sua migliore amica Sam (Taissa Farmiga) e Chloe (Claire Julien), sono attratti dalla popolarità e dalla vita glamour delle loro star preferite. Così attratti che decidono di infiltrarsi nelle abitazioni delle celebrità durante la loro assenza e rubano tutti gli oggetti, ovviamente griffatissimi, che appaiono come icone della vita a cui hanno sempre aspirato, sbandierando su Facebook e nei vari club “in” che frequentano, il loro costosissimo bottino. Più volte svaligiano star come Paris Hilton (otto volte), Lindsay Lhoan, Orlando Bloom, Audrina Patridge e Megan Fox, prima di essere individuati dagli investigatori. Al loro arresto i ragazzi avevano già accumulato una refurtiva di più di tre milioni di dollari in scarpe, borse e vestiti, comprese svariate migliaia di dollari e alcuni grammi di cocaina. A volte nelle loro “imprese”, coinvolgono anche dei loro coetanei, incuriositi dalle loro gesta e desiderosi di accaparrarsi anch’essi qualche oggetto dei loro miti personali. Sofia Coppola torna a parlare delle donne e della loro fragilità e desiderio di attenzione, come fece ne “Il giardino delle vergini suicide” e “Marie Antoinette”, questa volta con uno sguardo inerme e passivo sulla vita adolescenziale che peggiora sempre di più. Ma cosa spinge queste giovani ricche e viziate a gesti come questi?

Bisogno di attenzione, noia, invidia per chi ha qualcosa di meglio rispetto a loro, desiderio di possedere qualcosa che sia un simbolo del potere, in questo caso borse di Marc Jacobs e scarpe Prada, icone di Hollywood, di un mondo fatto di feste, uomini, popolarità, vanità e moda. Ma anche l’adrenalina, la paura di essere scoperti, sono inizialmente l’input che li spinge a rubare a casa delle star. Ma una volta arrestati, tutto svanisce, si rendono conto che non è un gioco e li assale il rimorso (nel caso di Marc), la negazione (nel caso di Nicki), ognuna dà la colpa all’altro (come nel caso di Rebecca).
Alla fine però l’unica cosa che conta è la notorietà scaturita dal dramma. Niki vuole essere una leader, vuole fare beneficenza e governare un paese, appare in tv, si fa intervistare, sceglie con cura la sua mìse per il giorno del processo, si prepara un discorso appositamente per i giornalisti, si sente una diva. Marc vede una terapista, è il personaggio più fragile di tutti, catapultato in un mondo a cui vorrebbe appartenere, ma in cui non è in grado di sopravvivere. Coinvolto nella vicenda e trattato da spia, cerca conforto nella solitudine, perdendo i contatti con la sua migliore amica Rebecca. Chiediamoci ora: quanto è stato facile per loro entrare nelle abitazioni degli attori, rubare e toccare tutte le loro cose, aggirarsi in quelle case, trovarle? Forse una delle cause per la quale è avvenuta questa vicenda è anche il cattivo uso delle informazioni personali. Oggi è facile rintracciare ogni indirizzo, ancora di più le abitazioni di molti personaggi famosi, e una bazzecola se si lascia la chiave a portata di mano (si veda il caso di Paris Hilton); forse è stato proprio questo ad invitare a nozze adolescenti ricchi e instabili.

Dal film, intuiamo che questi giovani non vogliono essere giudicati o condannati dalla regista, ma piuttosto si vuole scrutare con occhio critico ciò che va oltre i fatti, la mancanza di un vero punto di riferimento per le nuove generazioni, la cui mente è invasa da miti di una società e un modo di pensare distorto. I cinque ragazzi vogliono appartenere ad un mondo di cui ancora non fanno parte, trasgredendo alle regole per potersi creare uno status-symbol personale. Il nostro sguardo vaga nel ritmo veloce delle scene, tra la musica disco e gangsta-rap rimbombante e fastidioso, tra le immagini incalzanti degli oggetti più alla moda rubati dai protagonisti,tra le loro foto su Facebook, mentre stringono il loro bottino, con la consapevolezza di avere tra le mani quelle che per loro sono chiavi d’accesso alla popolarità e al suo potere.
Restiamo ammirati e al contempo infastiditi dai loro atteggiamenti, da ciò che dicono e ciò che fanno, eppure Sofia Coppola riesce quasi a infonderci tenerezza nei loro confronti. Ma la tenerezza non sempre porta alla fiducia, soprattutto verso questa generazione alla deriva. E a ben guardare, con questo film, Coppola ci dà ragione.














