
[rating=2] A San Valentino ritorna al cinema la storia più bella di sempre, Romeo&Juliet, la nuova versione del leggendario dramma di William Shakespeare, diretto da Carlo Carlei (La corsa dell’innocente) e sceneggiato dal premio Oscar (per Gosford Park) Julian Fellowes.
Il film, già uscito nel settembre del 2013 nelle sale inglesi e statunitensi, propone “una versione tradizionale e romantica della storia dei due amanti sfortunati, inclusi i costumi medievali, i balconi e i duelli”, come dichiara lo stesso sceneggiatore; infatti esso è stato realizzato fedelmente al testo originale, con attenta ricostruzione storica dei costumi, in velluto, seta e damasco, e degli ambienti, con sontuose scenografie che hanno come protagonisti i grandi capolavori dell’arte pittorica e dell’architettura italiana (le riprese sono state effettuate a Subiaco, Caprarola, Mantova e Verona).
La storia – universalmente nota – vede contrapposte le famiglie dei Montecchi e dei Capuleti, avvinte nella spirale di violenza che assoggetta l’intera città di Verona, ma non solo, perché da una parte ci sono gli adulti con il loro odio e il rispetto delle convenzioni sociali, dall’altra i giovani, appassionati messaggeri d’amore e gioia di vivere. Saranno proprio questi ultimi a soccombere.
Il confronto con l’ultima versione pop del dramma shakespeariano di Baz Luhrmann (quella con Leo Di Caprio e Claire Danes) del lontano 1996, non regge. E non perché la versione del regista italiano, ma trasferitosi negli USA, sia di scarsa fattura, tutt’altro, visto che la ricostruzione è impeccabile, la sceneggiatura pregevole e gli attori discretamente ispirati. Ma Carlei punta più a far conoscere l’opera del Bardo di Stratford alle nuove generazioni di spettatori parlando dell’amore adolescenziale. Difatti Romeo e Giulietta portano avanti una relazione in netto contrasto con i propri genitori, qualcosa che gli adolescenti possono ben comprendere, data l’attualità della vicenda. Inoltre, i giovani rivali delle due casate somigliano piuttosto alle gang metropolitane. Il regista di Lamezia Terme si limita, perciò, a una pura ricostruzione scenografica, ma non riesce a conferire alla messinscena un taglio particolarmente originale.
Anche la scelta dei due protagonisti non risulta proprio azzeccata: Douglas Booth (Romeo), dotato di una bellezza fuori dal comune, pare una sorta di statua ellenistica che non mancheremo di ammirare nuovamente in Jupiter – Il destino dell’universo, lo sci-fi dei fratelli Wachowski in uscita il 5 febbraio prossimo nelle sale; mentre Hailee Steinfeld (Giulietta), già candidata all’Oscar nel 2011 per Il Grinta, dei fratelli Coen, non ha il fascino che possa farle perdonare le pecche recitative, e sembra troppo distante dalla parte, quasi algida.
Più convincenti, invece, Paul Giamatti (Frate Lorenzo) romantico alchimista che considera l’amore tra i due giovani come un’opportunità per portare la pace tra le due famiglie, ma sceglie una modalità sbagliata, e Lesley Malville (la Nutrice) personaggio apparentemente divertente, in realtà molto più tragico e drammatico, che pur non avendo partorito Giulietta, l’ama come fosse figlia sua. Meritano una menzione anche Ed Westwick (Tebaldo), meglio conosciuto come il bad boy della serie televisiva Gossip Girl, anche qui spietato e crudele provocatore, Christian Cooke (Mercuzio) considerato uno degli attori più ricercati e affascinanti del momento, e Kodi Smit McPhee (Benvolio) giovanissimo, ma già con una filmografia di tutto rispetto (The Road, Blood Story…).