2X2=5. L’UOMO DAL SOTTOSUOLO: souvenir angoscioso per la regia di Bacci

[rating=2] Dosteovskij e le sue Memorie del sottosuolo sono nelle mani di un “one man show” d’eccezione, Cacà Carvalho, attore di razza (e di stazza), cittadino onorario della città di Pontedera (Pi). Le scelte stilistiche della regia traducono il sentirsi topo in trappola, scarto masochistico e re del sottosuolo del personaggio protagonista, ma tuttavia appesantiscono la vista. Un elemento di contrasto allo squallore visivo della scenografia avrebbe aiutato l’occhio a seguire con più fluidità il monologo del pur sempre acceso Cacà Carvalho. L’attrito funziona nel momento del faccia a faccia col vestito rosa da donna, simbolo della giovane prostituta che dà un soffio di speranza all’esistenza del protagonista. Ma l’uomo disegnato da Dostoevskij non vuole che niente cambi nel sotterraneo umido che ospita le sue eterne notti solitarie e, a sua detta, “depravate”.

Compiacersi nel dolore e amare il dolore, Dostoevskij fiuta come un cane da caccia le crepe della società e della psicologia umana, quel benessere mostruoso che solo la sconfitta può dare. Migliorare è difficile, sprofondare un gioco da ragazzi. Per raggiungere la felicità, sembra voler dire il protagonista, servono anni, millenni, lotte e sacrifici; per toccare il fondo serve un secondo.

2X2=5. L'UOMO DAL SOTTOSUOLO

Cacà Carvalho possiede una timbrica variegata e un’estensione vocale non da poco, attinge alle tonalità cavernose e alle alte con estrema facilità. La sua presenza scenica non passa certo inosservata e la sua maestria nel tenere banco per più di un’ora con un ruolo così difficile è sotto gli occhi di tutti. L’attore brasiliano riesce a modulare il suo corpo voluminoso con gesti che lo alleggeriscono misteriosamente, con movenze clownesche e circensi che danno straordinaria vivacità e immediatezza alle parole di un classico dei classici come Dostoevskij.

Peccato per la regia insolente a tutti i costi, ai pugni e ai rumori fastidiosi, agli urli di troppo, l’ostentato senso di disgusto che il personaggio suscita nello spettatore. Ci si sente presi in ostaggio per tutta la durata dello spettacolo, e se questo era l’intento voluto dalla regia, allora lo scopo è pienamente raggiunto.

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