
[rating=4] Le pari opportunità corrono sul filo di un cortometraggio destinato ad aprire un dibattito vivace nel bel Paese. La legge Merlin chiuse le case dove uomini senza troppi scrupoli si recavano per le loro ore liete mentre le consorti curavano il focolare domestico. Una storia fatta dunque di prevaricazione sociale in cui è l’uomo a dominare ed a comprare il corpo della donna, ce lo tramanda la storia, lo confermano i pregiudizi, e se invece i ruoli si invertissero? Ecco. La domanda è il cortometraggio medesimo. La regista Maria Verde ha scritto e diretto un bel dilemma storico-moralistico. Giustiziera dei costumi. Porta sul grande schermo un’avvincente storia e “provocazione” tra sessi in cui rende giustizia alla sottomissione femminile per imporla una volta per tutte la donna come dominatrice. Una casa per soli signore, dove anche il gentil sesso può trovare, dietro lauto compenso a baldi giovanotti, il proprio appagamento sessuale. Non ci sono dunque donne che si vendono ma gli uomini a concedere i propri favori fisici. Un’inversione da scandalo. E la casa, a quanto pare è pure ben frequentata. Dalle donne di una Napoli-bene di fine anni ’40-50, il fascismo non è ancora lontano.
Un racconto impeccabile, professionale, mai volgare, interrogante ed interrogativo, socialmente godibile. Lo avreste immaginato voi? Agli uomini si ed alle donne, no? E chi lo ha stabilito? Il ribaltone scenico è la vera trama di questo lavoro che è stato presentato in prima assoluta a Napoli il 18 aprile scorso presso il Cinema Plaza, nel salotto della metropoli partenopea. Il cuore della Napoli-nord: il quartiere altolocato del Vomero.
“Le ricche donne – clienti desiderose di dare concretezza a pensieri, desideri e fantasie più o meno lussuriosi, esprimono l’inequivocabile effige della reciprocità di quel ruolo, radicalmente appartenuto, da sempre, al mondo maschile. – commenta la regista Verde – Squallidi riti e prassi comportamentali, pongono una di fronte all’altra, due anime, nella miseria di una stanza, inequivocabile tempio di lussuria e concupiscenza, e quasi come per magia, proprio lì accade il portento d’amore. La ricca tenutaria che riscopre la sua anima attraverso sentimenti (puliti ma ormai dimenticati), per uno dei suoi giovani prostituti”.
Un cast ottimamente assortito agita gli animi e i fuochi dei protagonisti. Attori ed attrici a tratti sensuali a tratti ammalianti, ciascuno in un ruolo cucitogli sapientemente, tra l’intrigo passionale e il poetico divenire. Dialoghi essenziali ma veraci, per restare nel linguaggio caro ai napoletani. All’ombra del Vesuvio va in scena una novità nel panorama cinematografico italiano, piccolo ma intenso nella durata. L’augurio di cast e regia è che possa infatti diventare un film, noi glielo auguriamo perché alla donna sia reso ciò che è suo, non suddita ma dominatrice. Poco importa se trattasi di una candida fantasia sessuale, ma almeno dietro alla macchina da presa Verde ha voluto giocare duro contro le discriminanti storiche. Di morale poi c’è tempo per parlarne, qui è una guerra ideologica a denti stretti che Verde ha inteso vincere in una sequenza originale ed unica, sottolineando all’anteprima come in realtà “uomo o donna ci si venda allo stesso modo”.
Nel cast Massimo Masiello su tutti, a seguire Vito Pace, Salvatore Catanese, Gaetano Guida, Gianluca Scuotto, Diego Sommaripa e Ivan Boragine, Diane Patierno, Gabriella Cerino, con la partecipazione amichevole di Peppe Celentano, Manuela Cervone, Veronica Montanino, Lorena Bartoli, Teresa Venditti, Paolo Gentile, Noemi Coppola, Ornella Varchetta, Giada Verde, Giulia Fabozzo, Priscilla Avolio.
Per le donne vi sono: Adele, la protagonista, che ha il volto di Diane Patierno, la giovane nobildonna che perde la testa per un fascinoso Massimo Masiello, che dà una grande prova di bravura artistica misurandosi in un ruolo che lo proietterà verso traguardi ancora più grandi. Un trampolino da cui decollare per una carriera già scritta nelle stelle.
Un cameo speciale è da riconoscersi al volto di Donna Brigida interpretata dalla dolce Veronica Montanino, fortemente impegnata nel reale sui temi del sociale e della giustizia, già protagonista qualche anno fa a teatro in un applaudito “Mater Camorra ed i suoi figli” col maestro Gianni Sallustro, mentre sul grande schermo è in uscita per l’autunno prossimo con “Gramigna”, ha terminato da poco “Amore Malato”, un cortometraggio che affronta il tema della violenza sulle donne per la regia di Emanuele Ajello (una produzione Aps Nova Era) ed infine riprenderà a breve lo spettacolo “Aspettando il tempo che passa” che ha presentato in anteprima al Teatro del carcere minorile di Airola diretta da Emanuela Giordano (produzione CO2, Fondazione Polis e Fondazione Silvia Ruotolo).
Una menzione speciale va infine alla maitresse dell’insolita “Casa” Gabriella Cerino, che risveglia il sapore eduardiano delle scene teatrali, il teatro che diventa arte, un lusso da vedere in poltrona. Ha lavorato per tanto tempo con Vittorio Gassman ed è la colonna assoluta dell’intenso corto partenopeo a firma Maria Verde. Un’attrice che serve con naturalezza il suo personaggio e ti convince della sua eccellenza recitativa. Dai tratti marcatamente decisi si impone allo spettatore da subito, personaggio, trama e personalità divengono un tutt’uno indissolubile con lei. In teatro ha lavorato pure con Ivo Garrani ed ha partecipato a spettacoli come “La confessione” di Walter Manfrè, “Il Contagio” di Carlo Cerciello, lavorato fra gli altri con i registi Rubino Rubini, Roberto De Simone, Francesco Saponaro, Giuseppe Celentano, Paolo Spezzaferri, Adriana Carli, Fortunato Calvino, Giovanni Piscitelli. Per la “Rai” ha affiancato in “Cammin Leggendo” il compianto Gassmann, per la regia di R. Rubini e su Rai 1 ha interpretato una contendente per “Verdetto Finale”.