
Cha Cha Cha, uscito nelle sale il 20 giugno 2013, attrae in particolare per il sapore del noir hollywoodiano, con cui il regista Marco Risi, crea una fusion di toni tipici della Roma malfamata e corrotta dai poteri forti che spesso abbiamo visto in questi anni e il fascino degli action-movies polizieschi superbamente interpretati dall’attore Ray Liotta.
L’ex poliziotto Corso (Luca Argentero) indaga su un incidente stradale in cui è stato coinvolto un sedicenne, Tommaso (Jan Tarnovskiy), figlio della sua vecchia fiamma Michelle (Eva Herzigova), sposata ormai da tempo con un cinico e potente avvocato. Corso non è convinto che si tratti di un incidente, sospettando che dietro la morte del ragazzo ci sia qualcosa di molto più grande e pericoloso. Non sarà facile per il detective privato scoprire le losche trame celate dietro questo caso, su cui indaga anche il suo ex collega della polizia Torre (Claudio Amendola), con cui Corso avrà spesso a che ridire.
Il film è interessante sotto vari punti di vista, primo fra tutti l’atmosfera e il tono thriller/noir di cui tutta la vicenda è intrisa. Le soluzioni visive sono frutto di una sapiente scelta del regista, che probabilmente deve aver guardato molto in territorio d’oltreoceano, facendo sì che Cha Cha Cha abbia tutte le caratteristiche giuste per poter essere apprezzato anche all’estero. Azzeccatissimo Luca Argentero nel ruolo dell’investigatore privato, mentre Claudio Amendola appare un po’ troppo stereotipato nella parte del poliziotto che è per il bene dei cittadini, “al servizio dello Stato”, a costo di agire alle spalle dello stesso, anche se è esteticamente vicino ai personaggi interpretati dal suddetto Liotta, cosa che tende sicuramente a suo favore. Piuttosto brava anche Eva Herzigova, nonostante la tendenza alla troppa enfasi nei dialoghi, che a volta sfocia nella forzatura. Molto suggestive le scene in notturna, percorrendo le strade della Capitale; il regista è stato perfettamente in grado di raccontare con semplicità la sua visione della realtà di una città buontempona, ma allo stesso tempo taciturna ed egoista, che non guarda in faccia a nessuno.
Ritengo sia uno dei pochi esempi sulla scena italiana, di rappresentazione di storie di delitti, che pur risentendo dell’ovvia influenza dei prodotti nostrani contemporanei, – sia per quanto riguarda i dialoghi, sia per le motivazioni del crimine -, riesce ad emozionare lo spettatore, che segue con attenzione ogni mossa che farà Corso, cercando di arrivare alla soluzione finale prima del protagonista, proprio come se vivessimo una delle appassionanti avventure dell’investigatore Sherlock Holmes.
Io l’ho visto in una sala vuota all’esordio. temo che il botteghino abbia ounito il tentativo di scimmiottare gli americani.
Argentero non ha secondo bene i mezzi per reggere certi ruoli.
Dialoghi banali. Solo Roma è all’altezza