
La luce fioca taglia orizzontalmente l’aria come in un quadro di Caravaggio, lasciando visibili solo i contorni del naso e del volto, ributtando nel buio tutto il resto. “In ognuno di questi segmenti almeno uno dei personaggi mentirà sapendo di mentire”. Così si apre lo spettacolo “Enigma”, sottotitolo “Niente significa mai una cosa sola” al teatro Arena del Sole di Bologna, con Ottavia Piccolo e Silvano Piccardi, il quale ha seguito anche la regia.
Ingrid entra in scena sorretta a fatica da Hilder, e si affloscia direttamente sul divano, dolorante. E’ appena stata investita da qualche pirata della strada in una Berlino Est dei giorni nostri. Il padrone di casa si offre di aiutarla, non potendola certamente lasciare per strada in quelle condizioni. L’incontro casuale di questi due personaggi diversi sembra quasi banale, ma la frase, quella frase sulle menzogne dei protagonisti sapendo di mentire si insinua sottopelle, ci da quasi fastidio, spingendoci a diventare tanti attenti investigatori: come possono mentire? A che scopo? Chi sta mentendo a chi?
Berlino Est, con ancora vivo il ricordo del regime e del muro appena caduto, ha condizionato molto le loro vite: prima si poteva fare un esposto per ogni cosa, per qualunque problema c’era una procedura da seguire, un capro espiatorio da perseguire, un colpevole. “la sfortuna degli uomini è di nascere in un certo momento e quel momento decide per loro”. Il partito controllava ed osservava tutto, la storia insegnata nelle scuole era censurata e riscritta, veniva imposto alle persone un modo di pensare e di agire. La caduta del muro ha lasciato molte macerie per strada ma anche nella psiche e nell’animo dei berlinesi, imponendo sia esami di coscienza profondi sia cambiamenti lavorativi e sociali cospicui. Ora che tutte le precedenti certezze si erano sgretolate come i mattoni di quel muro, chi erano realmente?
“Mi guarda come il mio fosse un viso da riconoscere”, allora si sono già incontrati prima? Finalmente fra l’investita e quello che si scopre essere un ex insegnante di matematica appassionato di logica si crea una crepa, una bugia viene fuori: “veramente l’ho investita io”. Di botto si materializza l’enigma, non solo quelli linguistici che ci propone Hilder con moderato entusiasmo, ma quello pratico che si svolge davanti a noi: chi sono questi due personaggi? Andando avanti con i segmenti si scopre una realtà insospettabile all’inizio, fino al colpo di scena finale, dove ognuno sembra abbracciare la sua storia, il proprio pezzo di carta identificativo. Quel legame con il passato non si può ignorare: “il cadavere di chi eravamo prima ci resta sempre addosso”. E quando il passato deve essere rinnegato perché biasimevole?
“L’enigma chiede una cosa sola, […] accettare una seconda lettura”
Stefano Massini, già autore di “7 minuti”, anch’esso rappresentato da Ottavia Piccolo, crea un testo noir potente, ben reso sul palco dai tagli luce e dalla scenografia tetra, che lascia visibile solo i personaggi, ma resta lì immobile come i loro retaggi culturali, grigi. Brava Ottavia Piccolo in un ruolo non semplice: oltre a dare il ritmo allo spettacolo, gioca con molte corde emotive, distinguendole tutte. Da lei non ci aspettavamo niente di meno. Silvano Piccardi invece sembra più legnoso, specie nella parte iniziale. Anche se il personaggio un po’ lo richiede, resta impacciato, le battute, seppure dette con una certa maniera teatrale, comunicano di meno.