
Ci sono segreti che non si confessano, dolori che restano chiusi dentro le case, sotto il peso della vergogna e della paura. La violenza domestica è una ferita nascosta, una verità taciuta che si insinua nelle famiglie, protetta dal silenzio di chi non vuole vedere. Ma cosa accade quando qualcuno decide di rompere quel silenzio? Quando una madre scopre la più atroce delle verità? Quando una figlia urla il suo odio, mentre un padre continua a essere innocente?
Giuliana Musso non è solo un’attrice, ma una vera indagatrice delle pieghe più oscure della società. Con “Dentro. Una storia vera, se volete”, approdato per la prima volta in Toscana al Teatro Cantiere Florida di Firenze, presenta un’opera che non si limita a raccontare, ma che denuncia con forza le ombre della violenza domestica.
In uno spazio scenico che sembra un campo di battaglia silenzioso, dodici sedie rosse, simboli della violenza di genere, sono disposte come testimoni muti di un dolore che troppo spesso rimane invisibile. Queste sedie, man mano che lo spettacolo avanza, vengono ammassate in un groviglio che riflette il caos interiore di chi vive con il trauma, un ammasso di sofferenza che non trova sollievo.

Il lavoro scenico si presenta come una discesa nella verità taciuta, nelle vite spezzate dalle violenze che si consumano all’interno delle mura domestiche. La drammaturgia, firmata dalla stessa Musso, è un atto di accusa e al contempo una richiesta di ascolto. La narrazione si articola attorno a una madre con una verità devastante, una figlia divisa tra odio e confusione, un padre “innocente fino a prova contraria” e una platea di esperti – medici, avvocati, terapeuti – che si rifiutano di guardare la realtà negli occhi. Un quadro che non lascia spazio a facili consolazioni, ma costringe lo spettatore a confrontarsi con il proprio disagio e le proprie complicità.
Giuliana Musso, insieme a Maria Ariis, ci offre una performance che è un viaggio nell’intensità, un teatro di parola che usa la recitazione come un bisturi per dissezionare il silenzio. La loro interpretazione è un flusso continuo di denuncia, mantenendo un tono drammatico che, sebbene potente, tende a una monotonia emotiva, limitando la varietà del registro.
La regia, curata dalla stessa Musso, è asciutta ed essenziale, lasciando che siano le parole e le interpretazioni a dominare la scena. Il testo, tuttavia, rischia di perdersi in tecnicismi legali, una scelta stilistica può rendere il racconto pesante, con termini e strutture che talvolta offuscano la forza della narrativa, portando a momenti ripetitivi e meno dinamici sulla scena.
“Dentro” è un monito, un grido che sfida l’indifferenza e le falle di un sistema che spesso non riesce a proteggere le vittime. La sua forza risiede nella capacità di trasformare il dolore in arte, ricordandoci come il teatro può essere ancora un luogo di denuncia, dove ogni parola è un atto d’accusa contro il silenzio e l’omertà che alimentano la violenza.