Billy Budd, gabbiere di parrocchetto al Teatro dell’Opera di Roma

Fino al 15 maggio per la regia di Deborah Warner.

Il ponte di una nave, sartie a vista pronte a sguainare le vele e si è in contesto di battaglia contro la Francia. Gli uomini di fatica lavano e lustrano le tavole e intanto è in corso il reclutamento coatto dei marinai per potere contare su un numero di uomini adeguato a fronteggiare la missione; tra di essi spicca Billy Budd, gabbiere di parrocchetto, il bravo, prestante e abile baritono Phillip Addis, che subito conquista il favore di comandante, luogotenente e maestro di navigazione per la sua indole leggera,  la sua bontà, la sua destrezza.

Inneggia ai diritti dell’uomo e a gran voce dal marinaio arruolato a forza, il tenore Redwhiskers, viene messo a capo del manipolo di manovalanza in stiva, in rivolta contro il maestro d’armi John Claggart, il valente basso John Relyea, e contro l’arruolamento forzato. Una bellissima scena dalla movimentazione acrobatica, crea un livello superiore per il ponte e uno inferiore per ciò che è in coperta. Le amache ovvero il dormitorio degli uomini di fatica che chiudono il primo atto in ribellione e nelle attività di igiene che preludono alla notte antecedente alla battaglia. Le scene difficili ma ipnotiche portano la firma di Michael Levine e la regia abile di Deborah Warner riesce a creare attenzione in un testo che finora a parte la scenografia è rimasto abbastanza statico.

La riapertura del sipario crea le trincee per l’ingaggio di guerra degli inglesi, le vele al vento, contro la Francia. La musica Benjamin Britten, ispirata al racconto di Herman Melville, su un libretto di E. M. Forster e di Eric Crozier è del 1951 e arride al compositore duttilità e volubilità in tema di armonie contemporanee. Ed è nel secondo atto quando il nostro Billy Budd, con difficoltà di parola fluente,  in quanto balbuziente, ma carismatico per bontà socievolezza e attitudine al corporativismo non riesce ad esprimersi e ferisce a morte il maestro d’armi, inconsciamente e inequivocabilmente con un pugno, che si crea la vicenda. E nulla può Vere, il capitano dell’armata “Indomitable” che apprezza e promuove sul campo il nostro eroe a comandante di scialuppa, per capacità e bonaria disponibiltà: la legge è quella, chi risulta assassino, poco conta se involontariamente, è condannato alla forca.

Questa la chiosa: chi è involontariamente buono e non può parlare, paga con una gestualità imponderabile, l’esuberanza del gesto. Un’altra scena dal fascino ineludibile coinvolge la platea e i palchi. A più livelli, ponte, coperta e pozze d’acqua on stage creano il patibolo e il triste epilogo: l’ingiustizia che Billy amato da tutti, con difficoltà d’espressione, può agire sì, ma senza altri mezzi, se la natura è muta. E al cospetto di John Claggart morto, i pianti e la disperazione di tutti non ultimi del comandante Vere costretto all’ordine dell’esecuzione e del Luogotenente Ratcliffe, il basso David Shipley, nonché suo grande amico che ne è fatto artefice.