
[rating=4] E’ morto appena un anno fa Franco Scaldati, drammaturgo siciliano nativo di Montelepre, il paese del bandito Giuliano e poi attivo a Palermo soprattutto al Biondo Stabile, dove ha dato vita ad un teatro umanissimo e profondo intriso di sicilianità purissima. La sua storia sembra leggendaria quanto quella del celebre conterraneo, di umilissimi origini, inizia a lavorare in una sartoria teatrale guadagnandosi il soprannome de “Il Sarto”, comincia così ad addentrarsi nel mondo del teatro, luogo d’incontro per eccellenza, come amava definirlo ed in breve si fa drammaturgo di strada, interprete di alcuni fra i più indimenticabili personaggi che abbiano mai calcato la scena palermitana.
Lucio è uno di questi, creatura assente, fantasma, spirito, o solo ricordo, evocato in un viaggio quasi onirico fra le battute di Pasquale e Crocifisso e poi di Ancilù e Ancilà amabilmente resi da Melino Imparato e Gino Carista, quasi emuli siculi dei beckettiani Didi e Gogo in attesa del loro “Signor Godot”. Sopra di loro giganteggia anche per stazza il sempre grande Mimmo Cuticchio, qui nei panni di un puparo incantatore che ci narra la storia di Lucio, ultimo fra gli uomini, un pazzo o un ingenuo, un uomo o una marionetta che va in cerca della luna, suo opposto irraggiungibile, perché lui è luce del sole e la luna la bacia appena sulle labbra all’aurora.

Un viaggio mistico quello di questa pièce di Scaldati, un autore che il pubblico siciliano può assaporare fino in fondo in tutte le sfumature linguistiche, molte delle quali ahinoi troppo lontani critici non potremo mai cogliere nella loro bellezza selvaggia. Il lavoro sul testo è affascinante, un’esplorazione del dialetto poeticamente popolare che altalena con estro registro comico e drammatico, dove una strana e piccolissima umanità emarginata si snoda con infantile eleganza nell’ultimo lido saldo del sogno. Impossibile raccontarne la storia, bisogna vederlo, il regista Maresco trasla dal cinema al palcoscenico una Palermo galleggiante fra suggestioni e memorie, lui che con lo storico coautore Ciprì ci ha soprattutto raccontato al cinema la Sicilia più nera. D’altro canto anche Scaldati non aveva disdegnato di offrirsi come espressione dei lati più cupi della sua terra bella e tormentata, basta citare le sue plurime e longeve collaborazioni con cineasti quali Scimeca e Tornatore.

L’esperimento è dunque riuscito, uno studio sicuramente interessante quello di Franco Maresco sul testo di Scaldati, anche l’allestimento non delude affatto ed anzi si culla con straordinaria eleganza sulle note di Salvatore Bonafede, dopo l’esordio allo storico Biondo Stabile di Palermo ad Aprile dall’8 al 13 ci auguriamo di vederlo presto altrove soprattutto oltre i confini siciliani.














