
[rating=5] Un’opera mastodontica e potente, l’Otello di Lo Cascio, di cui è autore e regista, oltre che attore. Un lavoro che guarda all’essenza ma anche alla profondità, il suo, mutuato dall’analisi del testo shakespeariano con il coraggio di scelte ben precise, che danno un taglio molto personale alla materia. Il tema della gelosia è il pernio di una costruzione in cui Otello non è personificazione mitica e distante di questo sentimento ma persona/personaggio indagato nelle sue fragilità. Lo Cascio distilla il dramma; il suo approfondito studio sul testo lo portano a far vivere la vicenda dai tre personaggi principali: Otello, Iago, Desdemona. Tragedia raccontata agli spettatori da un quarto personaggio in scena, di invenzione dell’autore, il soldato (magnificamente interpretato da Giovanni Calcagno), moderno Virgilio che ci traghetta e guida tra gli abissi delle passioni di Otello e l’infittirsi della trama. Scarnificata e ridotta nella sua essenza, essa infatti non segue l’ordine cronologico del Bardo, rispondendo coi suoi salti temporali, opportunamente, alla scelta di far introdurre la storia di un umanissimo Otello dal narratore, il soldato appunto, spinto a farsi intermediario dei fatti per il pubblico, da pietas amicale e dal desiderio di rendere giustizia alla storia del Moro.
Nel mettere in scena un Otello tanto diverso dall’originale, Lo Cascio non poteva essergli in verità più fedele, sul doppio piano formale e contenutistico. Gelosia, amore e solitudine, idealizzazione e disillusione, purezza e colpa risultano chiari dall’indagine sui rapporti Iago/Otello e Otello/Desdemona, fedeli tratti del dramma Sheakesperiano, così come l’importanza del parlato, dell’espressione concettuale e corporea di tali tematiche. La parola come significante oltre che significato, la parola con la sua sonorità è al centro del dramma. E non potrebbe essere più chiaro, visto che lo spettacolo inizia con la storia del famoso fazzoletto, narrata in endecasillabi siciliani, (con animazioni e musica, presenti anche in altri punti dello spettacolo, ad accompagnare ma mai spodestare il ruolo della sonorità verbale). Grazie al siciliano, la scommessa di mantenere il ruolo del verso aulico dell’originale inglese, è vinta.
E’ dunque sul lavoro di traduzione, composizione del testo e labor limae poetico, che l’impresa di Lo Cascio colpisce di più e la lingua sicula oltre che patrimonio d’infanzia è coerente alle scelte registiche, (l’assenza di un’ambientazione precisa, ma certamente di area mediterranea) e tematiche, (l’onorabilità, tanto presente nelle storie siciliane). Come tutti i dialetti inoltre, lo spiega lo stesso Lo Cascio, il siciliano è una lingua concreta e dunque capace di restituire i moti dell’anima e le pulsioni dei personaggi. E infatti tutti si esprimono con questa sonorità carnale, tranne uno: Desdemona parla italiano al suo signore. Così, dalla differenza espressiva nei loro dialoghi risulta palese il senso di una distanza, tra i due, divisi già dal solo fatto di essere uomo e donna, più che dal colore della pelle. Fatto sottolineato chiaramente dal soldato, alter ego dell’autore in questo caso, come a darci ad intendere che quello per cui Otello uccide è qualcosa di più grande, che va oltre la diversità razziale o la gelosia per Desdemona. Perché il suo è un dramma sulle diversità, “la differenza fondamentale che talvolta, invece di generare un incontro tutto da costruire in virtù del desiderio, può spalancare un varco da cui può irrompere un odio smisurato. Questa differenza è quella tra uomo e donna” (come afferma l’attore palermitano).
Grazie ad una regia intelligente ed asciutta, con un uso funzionale delle luci e degli spazi e interessanti ma parsimoniosi inserimenti audio-video (animazioni di Nicola Console e Alice Mangano), i quattro attori evocano, con la semplicità e la complessità proprie solo del teatro, una storia senza tempo, dando corpo e voce a parole ed emozioni eterne. Impagabile sentirli duellare a colpi di versi di endecasillabi italiani e siciliani; uno spettacolo da ascoltare, che si potrebbe vedere anche ad occhi chiusi. Magistrale l’interpretazione di uno Iago (Luigi Lo Cascio) perfetto nella sua intrigante dissimulazione, che cela però un’intransigenza e un’intolleranza verso la felicità altrui di cui scopriamo le motivazioni; ottima Desdemona (Valentina Cenni), superbo e instancabile Otello (Vincenzo Pirrotta). Uno spettacolo colto, ricco di motivi di analisi, rimandi, citazioni, con una farcitura sul finale, tutto a sorpresa, di Ironia.
Un Otello che è un esempio raro della bellezza del teatro come racconto in presenza e possibilità di catarsi, oggi. Assolutamente necessario.