
[rating=3] “Operetta Burlesca è un varietà, ma anche uno spogliarello dell’anima”
Con queste parole Emma Dante sintetizza lo spettacolo in scena al teatro Bellini di Napoli fino al 3 Aprile. E’ la prima, la sala è gremita, ad accogliere gli spettatori un sipario aperto e una schiera di scarpe colorate in proscenio e quattro manichini sfarzosamente abbigliati sospesi sul palco.
Il protagonista della storia è Pietro, nato il giorno di S. Rosa in casa, non in ospedale, poiché al padre “piacevano le cose all’antica”.
La famiglia di Pietro è siciliana, i suoi genitori ereditano la gestione di una pompa di benzina in un piccolo paese della provincia di Napoli. Pietro parla napoletano, la madre e il padre sono ancorati al siciliano delle origini, lo scarto linguistico è il primo confine invalicabile che separa e circoscrive tre solitudini, tre incomprensioni.
“ Se ti talìo me sento sulo” sono le parole del padre che non vede quello che Pietro vede. Pietro infatti si vede femmina e si sente imprigionato nel corpo di un uomo, non trova comprensione né a casa né fuori.
Vorrebbe fare l’estetista, ci prova, è bravo, si sente realizzato, tutti vogliono che sia lui a “togliere i pila” tranne il padre/padrone che vede nell’ unico figlio l’erede dell’attività familiare. Il lavoro da benzinaio sporca le mani e le unghia che Pietro vorrebbe sempre pulite e curate, per questo il suo mondo si schiude nella sua stanzetta, nella quale danza, si specchia, si spoglia e si veste. Lì cresce e lì aspetta il mercoledì, il suo giorno libero, il giorno in cui va a Napoli per fare shopping e trovare nella massa e negli sconosciuti la possibilità di essere davvero “se stessa”. La strada ferrata della circumvesuviana crea un divario tra provincia e città, la gabbia dove tutti si conoscono e giudicano è la stazione di partenza, il luogo della libertà quella di arrivo. Nel giorno di libertà Pietro scopre l’amore, ma anche l’inganno e la delusione.
La felicità è effimera e fragile, per un “diverso” lo è ancora di più poiché accompagnata da un continuo senso di colpa, così basta poco per far cadere il delicato castello di carta delle proprie illusioni.
Gli attori in scena sono molto bravi. Carmine Maringola componente storico della compagnia Sud Costa Occidentale, nonché compagno di Emma Dante, porta in scena un personaggio intenso, delicato e sognatore, tuttavia il suo falsetto infastidisce e cade nel cliché del “femminiello”chiassoso.
Francesco Guida interpreta madre e padre modulando voce e intenzioni rende l’oppressione e la distanza dei genitori dal figlio. Viola Carinci e Roberto Galbo danzano portando in scena i desideri di Pietro, ciò che si vuole e ciò che si vorrebbe essere.
I temi cari alla poetica della regista palermitana ci sono tutti: l’identità, i turbamenti d’amore, le origini, l’appartenenza , la lingua madre. La storia è quella di un emarginato, di un diverso , ma nei particolari della narrazione la drammaturgia svela le sue debolezze.
Per quanto difficile possa essere la vita di chi non si identifica nel proprio corpo collocare la vicenda nell’oggi napoletano (anche se di provincia) rende la storia meno credibile.
L’omosessualità nella cultura napoletana è stata accettata più che altrove, consolidata in società da figure archetipe come quella del “femminiello”, l’estrema solitudine appare un po’ in contrasto con l’esuberanza di Pietro.
Operetta Burlesca è uno spettacolo piacevole le cui immagini e visioni sono colorate e seducenti, colpiscono e coinvolgono il pubblico, ma da Emma Dante ci si aspetta uno slancio in più, una ricerca che possa superare gli stereotipi o facili generalizzazioni.