
“Io sono una parte di quella forza che eternamente vuole il Male ed eternamente opera il Bene.”
Non fidatevi mai degli sconosciuti, specialmente di quelli incontrati in un bar, a Roma, sul quale si apre il sipario di Margherita e il Maestro. Liberamente ispirata dal celebre romanzo di Bulgakov, l’opera è stata riadattata e diretta dalla giovane regista Nicoletta Conti e messa in scena dalla compagnia dell’associazione culturale Sipario su Roma, al Teatro Trastevere.
La prima cosa che salta all’occhio è proprio il titolo di questa rappresentazione, in cui notiamo un’inversione di nomi rispetto a quello del romanzo. Non è certamente una scelta casuale. Nella nuova versione teatrale il personaggio cruciale è Margherita ed è intorno a lei che ruotano e si dipanano le altre vicende.
Nel romanzo le storie narrate sono essenzialmente due, qui è una, ma fondamentale è l’incipit in cui vanno in scena il giornalista Ivan, il diavolo in persona – che non nasconde la sua identità sin dall’inizio – e la schiera dei suoi aiutanti, compreso il gatto Behemoth (Giorgia Francozzi) e il fedele Korov’ev (Antonello Gualano). Ivan sta parlando ad alta voce quando arriva un uomo di nome Woland, uno straniero, che dice di essere un esperto di magia nera. I due cominciano a discutere dell’esistenza di Gesù Cristo e del diavolo. Per dimostrare la sua potenza e la veridicità delle sue parole, Woland predice la morte di Ivan che poco dopo in effetti avviene come aveva descritto. E qui appare il primo elemento che ci dà l’idea dell’ambientazione contemporanea dell’opera, ovvero la metropolitana. Sarà proprio la metro l’assassina di Ivan. Non solo, cominciamo ad intuire che Mosca è stata sostituita con la capitale.
La figura di Woland è una delle più interessanti: Woland è il diavolo, è il male ed il marcio che c’è nella società, è l’insieme dei vizi e delle debolezze dell’uomo, ma è anche il simbolo di tutti quei governi e di tutti quei politici che all’apparenza desiderano il bene del popolo, ma all’atto pratico operano per il male. Egli è infatti un tentatore, ma anche qualcuno che mette ogni volta l’umanità alla prova. Misura la cattiveria degli uomini e la giudica. Ottima l’interpretazione di Daniele Di Martino, il cui sguardo e l’espressione del volto si conciliano perfettamente con le intenzioni diaboliche del personaggio.
E poi si entra nel vivo della rappresentazione. Conosciamo Margherita ed il suo amato, il Maestro, così clandestino e non gradito da non avere neanche un nome. Margherita passa le sue giornate rinchiusa in casa, dimenticando la sofferenza con l’aiuto dell’alcool, da quando le hanno portato via l’amore non ha più scopi e a poco servono le consolazioni della sua amica Natasha. Così sofferente e così debole, è il bersaglio e lo strumento ideale per il diavolo alla ricerca di una dama – che abbia proprio il nome di Margherita – che faccia gli onori di casa al gran ballo di gala da lui stesso organizzato. E Margherita, allettata dall’idea di poter riabbracciare il suo fidanzato, come da tradizione, accetta il patto con il diavolo. A convincerla, Azazello, il simpatico aiutante di Satana, che con un fare da bulletto cattura anche la risata del pubblico.
Una delle scene più famose del libro vieni qui quasi fedelmente riprodotta: Margherita vola su Roma a cavallo di una scopa, nuda – in vestaglia sulla scena, ma lo si lascia intuire – come le altre streghe, e raggiunge Woland.
E fa bene Margherita a fidarsi di Woland, perché riabbraccerà il suo Maestro, ingiustamente rinchiuso in carcere. I due, quindi, si salveranno e magicamente l’opera che Margherita sostiene di aver bruciato, ovvero il romanzo del suo amato, ricompare grazie al diavolo. Il Maestro diventa così l’immagine dello scrittore ai margini della società che ottiene il suo riscatto e la scrittura stessa acquisisce un valore salvifico al di là del tempo e della geografia.
Le scene hanno tutte un ritmo incalzante, l’attenzione non crolla mai. Forse un po’ difficile da interpretare, specialmente per i non conoscitori del romanzo, il messaggio che si vuole dare e la satira che c’è dietro. Le atmosfere surreali sono state abilmente ricreate. Alcuni personaggi avevano bisogno di qualche sfumatura psicologica in più, ma consideriamo che si tratta di attori giovani e non professionisti e questa è una delle loro prime messe in scena. Efficace la resa drammaturgica dei dialoghi.
Una nota di merito, oltre al già citato Daniele di Martino per la parte di Woland, a Greta Civitareale, nei faticosi panni di Margherita, a Danilo Fiorentini per l’arduo compito di apri-scena nel ruolo di Ivan, e a Giorgia Francozzi per il suo personaggio affatto scontato.














