
[rating=2] Quando una storia il cui spunto primordiale si affaccia quasi timidamente alla creatività di un maestro della scrittura quale Edoardo Erba, è quasi come una piccola guerra di intrecci e personaggi che infine “vincono” la pagina scritta perché più forti, più emblematici, in una parola migliori. E cosa accade a tutti gli altri? Si perdono qui e lì fra pensieri confusi e storie interrotte, ma forse meritevoli d’attenzione, che farne dopotutto? Erba prova a ridargli dignità offrendo a questi nove incipit la ribalta del palcoscenico, “riducendoli” a nove quadri che si rincorrono sulla scena un po’ mangiata dell’Argot, con un allestimento che quasi fagocita lo spettatore, tanta è la vicinanza ai sedili.
C’è una donna che non può prendere il sole a causa di una rara malattia della pelle che decide di fare una corsa su una decappottabile, due aspiranti rapitori in ospedale, una coppia di amici che guarda una partita di calcio storica, un professore e un’alunna alle prese con problemi di religione, una segretaria e un killer, una coppia che prova un copione che si trasforma in catalogo Ikea, un illusionista che fa scomparire nientemeno che la colonna del tempio di Hera Licinia in Calabria ed infine due vecchi fantasmi che sognano la reincarnazione. Qualche sprazzo dell’ironia e dell’originalità di Erba emerge qui e lì con quel guizzo di genio a cui ci hanno abituato i suoi play, ma siamo lontani dai fasti di Tante belle cose, La maratona di New York, Vaiolo, quest’ultimo proprio di recente riproposto a Villa Torlonia in tutto il suo inossidabile smalto drammaturgico.
Sono storie che faticano a vedere la luce, arrancano come i rapporti che stentano a decollare in quei nove quadri e mentre ne percepiamo le goffe arrampicate sul giudizio critico del pubblico, raggiunge piuttosto la cima delle considerazioni il pensiero, cattivissimo, che forse se certe storie non si arriva a scriverle fino in fondo un motivo c’è. Prova dilettantesca, dal testo alla mis-en-scène, tranne che per la meravigliosa Claudia Crisafio, unica vera luce della serata. Due stelline amare e svogliate per un genio teatrale che sa sempre dare qualcosa in più, ma ahinoi non stavolta.