La magia de La Tempesta riecheggia in sala al Metastasio di Prato

Umberto Orsini magistrale Prospero di una tra le più belle opere di Shakespeare

Uno squarcio di luce e un tuono roboante accendono la scena su La Tempesta di William Shakespeare per la regia di Andrea De Rosa al Metastasio di Prato. Al centro del palcoscenico di fronte ad una lunga tenda rossa come un sipario, troviamo Prospero accanto a una spersa Miranda su di un lettino, Ariel volato giù dall’alto e Calibano che osserva ossessionato Miranda, ai loro lati i naufraghi della tempesta distesi a terra su della sabbia.

Il racconto della commedia inizia quando gran parte degli eventi sono già accaduti. Prospero duca di Milano, è spodestato dal fratello Antonio. Imbarcato su una nave con la figlioletta Miranda, arriva in un’isola. Qui abitano Calibano figlio di una strega, e alcuni spiriti, tra cui Ariel. Prospero riduce tutti al proprio servizio. Dodici anni dopo, con le sue arti magiche, fa naufragare vicino l’isola una nave che trasporta Alonso re di Napoli con il figlio Ferdinando e Antonio, fratello di Prospero. Tutti riescono a raggiungere l’isola, ma Ferdinando resta isolato dai compagni, incontra Miranda e se ne innamora ricambiato. Ariel, per ordine del suo padrone, terrorizza Antonio e Alonso, che si pentono delle loro malefatte. Prospero dà in sposa Mirando a Ferdinando e perdona il fratello a patto che restituisca il ducato. Dal canto suo Prospero rinuncia alla magia, libera Ariel e salpa per l’Italia lasciando Calibano padrone dell’isola.

Il soliloquio finale e l’epilogo de “La Tempesta” è considerato uno dei discorsi più memorabili della letteratura Shakespeariana. In questo celebre monologo dove Prospero rinuncia alla magia, vi è un chiaro riferimento a Shakespeare che con quest’opera abbandona il teatro e ha l’occasione di riconciliarsi con se stesso e la sua società.

La narrazione dell’opera è incentrata sulla figura di Prospero, il quale, con la sua “arte” tesse le trame in cui costringe gli altri personaggi a muoversi.
L’opera de “La Tempesta” è apertamente legata al teatro con la sua stessa natura di dramma: frequenti paralleli sono tracciati tra l’arte di Prospero e l’illusione teatrale. Il naufragio è stato uno spettacolo eseguito da Ariel; Antonio e Sebastiano sono personaggi in una compagnia per recitare; le palpebre di Miranda sono sipari ornati. Questa costante allusione al teatro si ritrova soprattutto in Prospero, rappresentante Shakespeare stesso: la rinuncia alla magia del personaggio, simboleggerebbe l’addio alle scene di Shakespeare. In quest’ottica, Prospero è visto come una reincarnazione della maschera di Amleto: colui che mette in scena la sua vendetta anziché eseguirla.

Questo nuovo adattamento prodotto dal Teatro Stabile di Napoli, Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro Eliseo ha convinto, attraverso una regia lineare e pulita che facilita il flusso temporale della storia e ne permette una completa comprensione. Anche gli elementi d’effetto sonoro sono incantevoli, cosicché gli echi delle grida dei personaggi e il sussurro dei loro bisbigli portano profondità e verità alla scena.

Ottime le luci che forniscono spessore ai personaggi e fanno emergere la scena sotto i colpi d’ira di Prospero. Semplice ed efficace la scenografia disegnata da una lunghissima tenda rossa, che dall’alto ricade a terra, pronta a dividersi a mo’ di sipario. Belli ed efficaci i costumi dei personaggi, attuali e contemporanei quelli degli abitanti dell’isola, rispetto a quelli sfarzosi e antichi dei naufraghi, tanto da far presupporre ad un progresso degli isolani rispetto al mondo esterno.
Appropriati gli effetti acustici degli improvvisi scrosci d’acqua ad altissimo volume, che immergono gli spettatori nel vivo della scena.
Da menzionare la macchina del volo che permette a Rino Cassano, nelle vesti di Ariel, di librarsi con leggerezza e armonia in sorprendenti ascese e discese.
E adesso veniamo al valoroso cast degli attori, capitanato da un immenso Umberto Orsini, che veste i panni di Prospero con un interpretazione maiuscola, cadenzata da intrighi (verso i naufraghi), furie (su di Calibro e Ariel), tenerezze (verso Miranda e Ferdinando) e perdono (nei confronti del fratello Antonio). Da segnalare su tutti gli altri ottimi attori le interpretazioni di Rolando Ravello, che attraverso gesti e intenzioni esprime tutto il disagio del povero Calibano, e del sopraccitato Rino Cassano, che mediante la pulizia dei suoi movimenti in volo ci mostra un Arial maschile leggero e tenace.

Uno spettacolo che mantiene la magia e gli artifici di un testo che stupisce ogni volta lo si ascolta e lo si vede rappresentato. Le parole di Shakespeare echeggiano da secoli e per secoli ancora riecheggeranno, tanta è la loro bellezza e ragione. «Siamo fatti della stessa materia dei sogni», un sogno che per Shakespeare e anche per noi si può compiere unicamente a teatro.