Io Calibano, noi Calibani

[rating=3] Il Calibano che non ti aspetti, esce dalla penna di Tim Crouch e te lo ritrovi di fronte grazie alla rappresentazione di “Io Calibano” coprodotta da Accademia degli Artefatti e L’Uovo Teatro Stabile di Innovazione, con Fabrizio Croci nei panni del figlio della strega Sicorace diretto da Fabrizio Arcuri. La versione italiana di “I Caliban” del poliedrico inglese Crouch, è andata in scena in prima nazionale al Teatro Fabbricone di Prato durante il Contemporanea Festival 2014, riscuotendo un buon consenso di pubblico.

Lo spettacolo fa parte di una pentalogia di Crouch chiamata I Shakespeare, e composta, oltre che da Io Calibano, da altri quattro racconti di altrettanti personaggi di opere del drammaturgo britannico, quali: Io Banquo (da Macbeth), Io Cinna (da Giulio Cesare), Io Fiordipisello (da Sogno di una notte di mezza estate) e Io Malvolio (da La dodicesima notte).

In “Io Calibano” la vicenda shakespeariana della Tempesta è narrata a posteriori, quando tutti gli eventi si sono consumati, la nave ripartita e l’isola riconsegnata al suo originario signore: Calibano. Quest’ultimo, rimasto solo e abbandonato con le sue memorie, tra trucchi di magia e un’ultima bottiglia di vino, narra la sua storia, la sua versione dei fatti, la sua tempesta.
Un racconto farsesco con punte comiche, dal quale emergono i soprusi e le ingiustizie subite dal nativo dell’isola, per mano di Prospero, suo invasore e padrone.

Io Calibano_ph Ilaria Costanzo

Una spiccata impronta british affolla la scena con riferimenti all’isola del Bardo in salsa contemporanea, tra animaletti di gomma, salvagenti, libri, ciotole, stereo e il costume da bagno stile marines indossato da Calibano. Mentre sul proscenio campeggia un poster di Bruce Springsteen.

È questo l’habitat allestito da Fabrizio Arcuri per ospitare il mostro creato da Shakespeare, che nel testo di Crouch ha le fattezze umane e si tramuta in uno smorfioso beffardo buffone, che con humour grossolano, una narrazione didascalica e interazioni con il pubblico, ha il dono di ricreare da solo l’intera vicenda, spostando il punto di vista narrativo da Prospero ad un personaggio periferico qual è lo stesso Calibano ne La Tempesta.

Fabrizio Croci crea un Calibano inatteso, dallo stile molto più italico, vicino alla comicità di Paolo Rossi. Un personaggio macchiettistico quasi svogliato, confusionario e stanco di recitare una parte che non sente più sua. Una combinazione tra gli animi verdiani di Rigoletto, fiacco buffone abbattuto e Falstaff, panciuto ubriacone, che incita “tutto nel mondo è burla”.

Io Calibano_ph Ilaria Costanzo

Uno spettacolo che si spoglia totalmente dei tratti drammatici e misteriosi donatigli da Shakespeare, facendosi gioco fin troppo della poesia e dei versi originali del testo.
Ne esce un Calibano sperso, perdente, disilluso, cosparso di escrementi, in cerca di riscatto e nuova vita altrove. Ma dove?

Un carattere simbolicamente vicino all’attualità sociale del nostro Paese, dove la “tempesta” non sembra ancora essersi placata.

Sul finire, l’immagine di Calibano in cerca di aiuto e sul fondale i tratti disegnati dell’Italia prospiciente alla scritta SOS, stillano l’ultimo dubbio. Che l’isola di Calibano, non sia forse una penisola? Un Io, quello del titolo, che cala inesorabile sopra le teste di ogni spettatore, diventando un Noi.

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