
[rating=3] Un camerino enorme, con luci da trucco, divano e bagno. Le pareti sullo sfondo sono parzialmente realizzate, le porte sono tranciate quasi a metà, lasciandoci intravedere cosa succede nel corridoio alle loro spalle sul quale si affacciano altri camerini. Questa incompletezza rende bene, solo a livello subliminale, il senso di precarietà dovuta ai bombardamenti in atto in una Londra degli anni ’40, che entreranno prepotentemente in scena con esplosioni e allarmi aerei. Al piano superiore un enorme palcoscenico visto dal lato posteriore, dalle quinte, la parte conosciuta solo dagli attori o dagli addetti ai lavori. E infatti sono proprio i retroscena di uno spettacolo teatrale, le paure, gli imprevisti, le superstizioni, le invidie e gli amori, invisibili al pubblico pagante, che vengono mostrati nello spettacolo “Servo di scena” all’Arena del Sole di Bologna.
È di scena il Re Lear di Shakespeare, ma ancora Sir, l’attore principale interpretato dal bravo Franco Branciaroli che ha curato anche la regia, non si fa vivo. Tommaso Cardarelli interpreta Norman, il “dresser” (termine che si potrebbe tradurre come “colui che aiuta a vestire”), il factotum che porta da bere, consola, ricorda le battute e non ultimo da un sostegno psicologico a Sir in tutto il pre, durante e post spettacolo. Questa figura appartiene alla tradizione del teatro inglese, non ha un corrispettivo diretto in quello italiano e infatti la traduzione in “servo di scena” non è appropriata ma comunque suggestiva.
Sir, grande attore di teatro in un lontano passato, nel pomeriggio ha avuto un collasso ed è stato ricoverato in ospedale. Si ripresenta nei camerini poco prima dell’inizio dello spettacolo, visibilmente frastornato e silenzioso. Serviranno tutte le attenzioni, gli incoraggiamenti e le esortazioni di Norman per cercare di rimetterlo in sesto, mentre lui ancora brancola nel buio: il malessere fisico accentua lo spaesamento dovuto a tutte le interpretazioni che ha fatto nella sua vita, ha perso di vista la propria identità, chi è lui come persona, parla e interagisce solo per bocca dei suoi personaggi. Infatti da anni ormai cerca di scrivere la sua biografia, senza riuscire nemmeno ad iniziarla. Norman lo aiuta, lo sostiene, gli ripete che andrà tutto bene come si farebbe ad un bimbo, è l’unico che ha fiducia in lui mentre tutti gli altri, a cominciare dalla direttrice di scena, sono molto dubbiosi. Si inizia lentamente a scoprire un po’ del passato di Sir, i successi, il matrimonio con la Cordelia che recita insieme a lui di almeno venti anni più giovane, le sue mille spasimanti. Il Re Lear ha inizio e nel momento in cui Sir deve entrare in scena resta seduto su una sedia, guardando per terra in modo catatonico. “Mi pare di scorgere il re!” urlano dal palco, per farlo entrare, ma niente. Una bomba più vicina delle altre lo fa sussultare e lo sveglia dal suo torpore, consentendogli di recitare il suo ruolo per la 227esima volta.
Oltre alla perdita di identità e all’effetto “teatro nel teatro”, è interessante notare come nella vita di Sir gli amori restano cristallizzati negli anni, lui passa superficialmente da un fiore all’altro inseguendo sempre l’ultima ragazzina giovane che gli passa a tiro, ma intorno a lui qualcuno aspetta il suo turno che probabilmente non arriverà mai. Ciò crea una specie di “famiglia teatrale allargata” che lo protegge, che gli vuole bene e che porta gli altri a fare altrettanto, come uno degli attori che lo detesta ma alla fine lo aiuta nel momento del bisogno. Questa benevolenza è alimentata non dalla gratitudine che Sir ha per loro, ma anzi al contrario dall’annichilimento di chi gli sta intorno, come tanti satelliti di una stella del teatro. Nel finale un colpo di scena svelerà tutte queste dinamiche che sono andate avanti silenziosamente per decine di anni.
Ronald Harwood, sceneggiatore fra gli altri de “Il pianista” di Polanski ma diventato famoso con questo testo, che poi è diventato l’omonimo film del 1983 vincitore dell’Orso d’argento, un Golden Globe e 6 nomination all’Oscar, inserisce situazioni e battute comiche molto divertenti quasi a tradimento in una storia che di per se non è comica, ma anzi un po’ cupa. Il risultato è un testo pulito e lindo, molto “british”, che scorre quasi da sé, facilmente, a patto di trovare attori bravi che non lo fanno arenare. Franco Branciaroli recita bene, e si attornia di un bel cast, fra cui spicca Norman, che, anche se in qualche caso ha la tendenza ad urlare e non sentire proprie le battute, tiene il ritmo della commedia un po’ come farebbe un direttore d’orchestra.
Curiosità: un altro modo, a meno di non lavorare in ambito teatrale, per vedere i retroscena di uno spettacolo è quello di approfittare dell’interessante iniziativa dell’Arena del Sole: è possibile visitare la scenografia e il teatro con una visita guidata mediamente una domenica al mese. Per informazioni, orari e prenotazioni rimandiamo al sito internet del teatro.