Il circo equestre di Viviani: Poesia e miseria dell’umanità

[rating=4] Raffaele Viviani era poco più di un bambino quando perse il padre e fu costretto a mettere a frutto le doti di enfant prodige del palcoscenico per aiutare la famiglia. Fu ingaggiato da Don Ciccio Scritto, impresario di giostre e numeri da circo per interpretare la Zeza, scenetta carnevalesca molto popolare. Il teatro di Viviani affonda le radici nel mondo dei guitti, dei saltimbanco, del circo, un mondo decadente, anacronistico, surreale nel suo fondere scena e vita.

Circo Equestre Sgueglia dal 24 al 28 Febbraio è tornato al S. Ferdinando “a grande richiesta” dopo un anno, una tournè di successo e la certezza di essere stato tra i lavori più interessanti del Napoli Teatro Festival 2013. Portare in scena Viviani non è semplice, il gusto per il patetico, la macchietta, il varietà, la sceneggiata, la gag telefonata appartengono ad un gusto popolare da prima metà del ‘900. Alfredo Arias regista franco-argentino nel suo adattamento, frutto di una lunga residenza a Napoli coglie i caratteri universali del testo snellendo e asciugando le ridondanze. Viene fuori un microcosmo di umanità disgraziata, dolente e resistente a cui il “triste e nobile signore plebeo”(così definito Viviani da Domenico Rea) si sentiva legato.

Il dramma si snoda attraverso le alterne vicende della famiglia proprietaria dell’omonimo circo. Il tradimento subito dal clown Samuele e dall’assistente cavallerizza Zenobia ad opera dei rispettivi partner nella vita e in pista altera il delicato equilibrio del tendone, causando lo scioglimento della compagnia e la consegna dei personaggi alla propria solitudine. Nei panni del clown che furono dello stesso Viviani, Massimiliano Gallo tocca corde di incredibile tenerezza, fondendo riso e pianto. Samuele si ostina a non vedere i tradimenti della moglie Giannina (Giovanna Giuliani) che scappa con il Toscano (Giannetto, alias Carmine Borrino). Incapace di essere preso sul serio anche fuori dalla pista, il clown si sente accomunato al cavallo del Circo che “gira, gira e non arriva mai. Zenobia (raffinata e convincente Monica Nappo) esempio di bontà e rassegnazione subisce le angherie del marito Roberto (Lino Musella) che affascina la giovane Nicolina (Lorena Cacciatore) figlia di Marietta (Autilia Ranieri) e Don Ciccio (Marco Palumbo) il titolare del Circo. A completare la sgangherata compagnia Bagonghi (comico e delicato Tonino Taiuti) domatore incapace di addomesticare la moglie Bettina, la donna serpente, interpretata da Gennaro di Biase che esalta en travesti il carattere irriverente ed esuberante del personaggio. L’adattamento di Arias inserisce un narratore, un Gastone in frac colto ed elegante che interpreta le didascalie contribuendo a collocare il dramma in una dimensione estraniante che rifugge qualsiasi naturalismo.

Circo Equestre Sgueglia

Zenobia e Samuele si incontrano dopo un anno dai tristi episodi in piazza Mercato (tutto avviene sempre all’aperto), traditi e sconfitti dagli eventi trovano conforto reciproco, un mutuo soccorso casto che non ammicca alle passioni della carne. Non serbano rancore nei confronti di chi ha distrutto il loro fragile mondo poiché la miseria della Vita non ha risparmiato nessuno anzi si è abbattuta come una nemesi colpendo mortalmente il marito di Zenobia, costringendo alla clausura la moglie di Samuele e alla “vita” la giovane Nicolina.

La sintesi amara sta nelle parole di Zenobia: “Per la tua bontà d’animo e per la mia vita travagliata ci meritavamo una vita migliore”.

Semplice e di effetto la scenografia firmata da Sergio Tramonti che rende l’idea dell’accampamento e la tela che raffigura una piazza irreale alla De Chirico con in evidenza il Vesuvio. Belli, colorati e dal fascino decadente i costumi di Maurizio Millenotti.

Gioca un ruolo fondamentale la partitura musicale, negli arrangiamenti di Pasquale Catalano, ad essere ripresa è la tradizione orale campana nel rispetto della vocazione di Viviani dal vasto repertorio di “fronne ‘e limone”, all’esibizione da Varietà. Ad entrare per prima in scena come nel teatro d’altri tempi sono proprio i musici (Giuseppe Burgarella, Gianni Minale, Alberto Toccaceli, Marco Vidino) che si accomodano nella buca d’orchestra.

Al termine della rappresentazione tra gli applausi accorati del pubblico appare anche il regista Arias per i saluti, ricorda Ronconi appena scomparso e fa presente un altro lutto: la madre di un’attrice scomparsa il giorno stesso della replica. Segue un momento di sospensione tra il pubblico e il palco. Il mestiere dell’attore non è un lavoro qualsiasi, costringe ad un atteggiamento altro rispetto ai fatti della vita. Educa al cinismo, alla solidarietà, alla pietà, ai moti dell’animo, educa ai tanti colori della vita che Viviani con passione e saggezza ha portato in scena.

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