
Un divano blu a centro scena una finestra con balaustra, a tende arancio, e un orologio a pendolo e rifiniture di interni, quinte o separè bianco, verde e blu fanno la scena e una torcia illumina il buio, una coppola un gilet a losanghe sulle tonalità del verde, ruggine, giallo e pantalone chiaro, furtivo eccolo il protagonista, nonché regista Cristiano Cecchetti, a frugare. E se quello è il suo lavoro, eccola immancabile la telefonata della moglie, in giallo: un completo camicia e pantaloni palazzo sulla sinistra con il telefono in mano, che senza cogliere che il mestiere del ladro è fatto di attimi, si dilunga fino agli immancabili bacetti e coccolette che la cornetta telefonica incauta non manca mai di elargire.
Un rumore all’uscio e due entrano, egli in smoking bordeaux, ottimo anchorman il padrone di casa Marco Bullitta, accompagnato da una bellissima e avvenente in lurex corallo-rame eccelsa nel ruolo di ammaliatrice Sara Felci, ben disegnata da cotanto abito, l’amante, entrambi all’insaputa degli attesi consorti. Una relazione “furtiva” che si dilunga sul divano e non si allunga nella camera da letto creando inevitabile la gag, laddove l’ennesima telefonata della moglie del ladro non inneschi la serie di equivoci che fanno del testo di Dario Fo, eccelso premio Nobel un meccanismo ad orologeria, che sarebbe potuto risultare un tranello registico se la cura della direzione non lo avesse reso impeccabile.

Ecco la padrona di casa entra tutta piume in testa e nel copri spalle, e un vestito rosso dalle fogge partenopee con piccoli disegni a pois sulle tonalità del giallo, ormai scelta cromatica in nuance sui gialli, rossi corallo bordeaux e arancio per tutti gli interpreti della storia nell’abile scelta dei costumi di Emiliano Sicuro. E qui l’ingresso di quella macchina da risata che è Michela Totino trasforma la pièce da brillante in comica e da questo punto in poi la sala non smetterà più di ridere. Quando il citato mattatore riuscirà con sorniona credibilità a far credere l’amante, moglie del ladro, ormai rintontito dai rintocchi della pendola dell’orologio nel quale si era rifugiato.
E non finisce qui, quando, all’arrivo della moglie effettiva di quest’ultimo, abilissima al telefono come in scena, Rosella Petrucci con tanto di cappotto arancio, ormai con tanto di pigiama in mano pronto a trascorrere la notte ospite insieme alle presunta moglie a casa dei padroni di casa, gli attribuirà un primo matrimonio fallito a favore del fantomatico secondo, egli con il “furto” nel sacco ospite a casa dei padroni. Tutte posate d’argento consegnategli di persona dal padrone per sopperire all’occorso: ma il detective della storia chi è? Beh ovvio un ruolo, una garanzia, Angelo Curci, con immancabile impermeabile e giacca a decorazioni floreali sul verde, (che bomba….). l’amante della padrona di casa, nonché marito dell’amante del padrone e qui chi ci capisce è bravo, anche a scriverlo si crea l’equivoco.
In questo balletto di coppie “furtive”, qualcosa di dispari ci vorrà un secondo ladro! Tutto è buio vista la confusione dei ruoli e eccolo, sembra un altro inizio, entra Alessandro Pizzuti, nonché convincente scenografo, dalla finestra con torcia in mano e altra coppola e anche lui a frugare per un “furto”. Sembrava il primo e invece è un altro e qui altro clamore in platea. Ed ecco i saluti come da dettami di commedia edoardiana, tutti a ballare una sorta di girotondo intorno al divano e poi in crescendo di ruoli importanti o in coppie effettive per i meritati saluti tra risa e applausi del pubblico, senza fine né le prime, né i secondi.