Che cosa c’è? Ti ho sposato per allegria al Teatro Quirino

In scena fino al 30 marzo al Teatro Quirino di Roma

Ti ho sposato per allegria © Laila Pozzo
Ti ho sposato per allegria © Laila Pozzo

Dal 1965 rivive al Teatro Quirino la prima delle undici commedie di Natalia Ginzburg, vincitrice tra l’altro di un premio strega per il capolavoro “Lessico Familiare” sotto la direzione di Emilio Russo, moderna e attuale nelle tematiche, brillante, divertente e talora dissacrante.  Siamo a Roma una vetrata la mostra sotto una pioggia battente e Pietro cerca il cappello per ripararsi: deve andare a un funerale. Il cappello non si trova chissà dove sarà finito, la casa è in allestimento. Giuliana e il citato, bravissimi: Marianella Bargilli e Giampiero Ingrassia sono freschi sposi, meno di un mese. La casa, tutta con teli bianchi e ricca di sagome o pupazzi o fantocci, narra di loro tramite esperienze e vicissitudini dei protagonisti in periodi precedenti.

La donna di servizio Vittoria o Claudia Donadoni si barcamena nella ricerca, ma trova alla fine il cappello nell’armadio quattro stagioni che ancora deve essere riempito con ordine. Due donne in scena, due chiacchierone da un lato raccontano di loro e dall’altro su un divano ancora coperto dal telo bianco Pietro e Ginestra, la sorella, rievocano, raccontano a quattro voci miscelando quasi ‘scratch-ando’ nelle nostalgie di teneri ricordi: una trovata registica di vivace impatto sul leit-motiv di “Che cosa c’è” di Gino Paoli. Manolo, Elena, Lamberto, Topazia, la vedova Giacchetta, un negozio di musica, Adalberto forse, la zia bigotta Filippa: i nomi e gli ingredienti delle loro vite.

E nei racconti dei due recenti di matrimonio, Giuliana narra della scintilla scoccata ad una festa in toscana: lei brilla ed egli, affascinato dall’ebbrezza di lei, prende la decisione repentina di sposarsi, in necessità di soldi lei e in atteggiamento di pietà, sempre a detta della protagonista, un fiume di parole ed esternazioni, lui. E intanto per il giorno dopo si attendono a pranzo madre e sorella di Pietro. Finalmente la madre ha deciso di incontrarla dopo avere biasimato il figlio di incorrere in un matrimonio civile a seguito di un divorzio.

Breve pausa ed ecco in a tavola sempre fantocci, ricordi, personaggi del passato ecco la madre una vivacissima ed affascinante Lucia Vasini perfetta nel ruolo di una madre borghese, che fascino, al cospetto di una scoppiettante e davvero verace e randagia Marianella Bargilli. Le scene tra le due fanno lo spettacolo: due mondi così divergenti ma così simbioticamente allestiti fanno della pièce un,ipnotca vicenda. Distanti le due nei costumi di vita, ma vicine nella schiettezza e immediatezza trascinano Vittoria la logorroica e Pietro flemmatico e abitudinario ma certamente sognatore in un ritmo di continuo happening che avvince il pubblico per tutto lo spettacolo di circa settantacinque minuti.

E sulla frase “Ti ho sposato per allegria” del protagonista sulle note de “Il mondo” di Jimmy Fontana e un effluvio di applausi si chiude il sipario. Bravo il regista a miscelare nostalgia, disincanto e tenerezza, e creare il comico e il brillante in una vicenda dove tra personaggi assurdi e assenti potrebbero non emergere, ma appunto vince l’allegria. Ci si diverte strano ma succede in una incredibile alchimia tra anticonformismo e rigore borghese.