Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

[rating=3] Domenica scorsa lo Spazio ZUT! di Foligno (Perugia) ha ospitato, in occasione della stagione di teatro contemporaneo Re: act curata dall’Associazione Culturale Zoe, Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni, lo spettacolo di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini che dal 2013 è in tournée nei teatri italiani riscuotendo molti consensi (l’anno scorso si è aggiudicato il Premio Ubu nella categoria “Nuovo testo italiano o ricerca drammaturgica”).

Deflorian e Tagliarini – attrice, autrice e regista lei, performer, autore, regista e coreografo lui – hanno dato vita nel 2008 a una collaborazione che finora ha prodotto una serie di progetti teatrali dei quali sono autori e interpreti, portando avanti nel contempo le loro rispettive carriere “soliste” (la Deflorian ha lavorato tra gli altri con Mario Martone, Pippo Delbono, Eimuntas Nekrosius, Lucia Calamaro e nel 2012 ha vinto l’Ubu come miglior attrice, Tagliarini collabora con artisti come Raffaella Giordano e Massimiliano Civica).

Il punto di partenza di Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (prodotto da Planet3 & dreamachine in coproduzione con Teatro di Roma / Romaeuropa Festival 2013 / 369 gradi, in collaborazione con Festival Castel dei Mondi) è un’immagine contenuta nelle pagine iniziali del romanzo L’esattore dello scrittore greco Petros Markaris, pubblicato in Italia nel 2012: in un appartamento di Atene, nel pieno della terribile crisi economica che la Grecia sta attraversando, vengono rinvenuti i cadaveri di quattro pensionate, quattro donne anziane e sole che non ce la facevano più ad andare avanti perché le loro pensioni erano state dimezzate, e che hanno deciso di togliersi la vita con un mix di vodka e farmaci dopo aver capito di essere di peso allo Stato e alla società.

Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

Deflorian e Tagliarini hanno definito questo spettacolo «Non un racconto, né un resoconto, ma un percorso dentro e fuori queste quattro figure di cui non si sa nulla se non la tragica fine. Un percorso fatto di domande e questioni che sono le loro, ma sono soprattutto le nostre»: i quattro protagonisti (Deflorian, Tagliarini, Monica Piseddu e Valentino Villa) non si limitano a interpretare e “recitare” le quattro donne, preferiscono piuttosto porre al pubblico le domande e le questioni di cui sopra, in un gioco scenico prettamente verbale.

Molti e tutti estremamente complessi e forti gli spunti di riflessione sui quali i quattro si interrogano, come l’eccesso di positività che circonda tutti noi (la positività delle persone che ti dicono sempre “via, vedrai che si aggiusterà tutto!”) e il chiedersi perché, se uno si sente disperato, debba dissimulare la propria disperazione facendo finta di essere sano. Secondo Deflorian e Tagliarini, la decisione delle quattro donne «diventa un rifiuto della nostra “società della stanchezza”, come l’ha definita il filosofo Byung-Chul Han. Una società sempre più assertiva e ottimista perché incapace di altro, e oramai dolcemente declinante verso l’impossibilità della dignità della vita».

Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni ha dei momenti (soprattutto nella prima parte) nei quali gli attori non riescono del tutto a coinvolgere lo spettatore nel loro gioco scenico, ma rimane comunque un interessante esempio di teatro “minimalista” che vuole riflettere sulle gravissime difficoltà che affliggono i nostri tempi, in Grecia ma non solo (non a caso nello spettacolo si fa riferimento a un tragico fatto di cronaca terribilmente simile a quello raccontato nel romanzo di Markaris e accaduto proprio in Italia, a Civitanova Marche), puntando sulla parola più che sull’azione senza però rinunciare a pregevoli trovate sceniche come quella che chiude lo spettacolo, con gli attori e tutti gli elementi della scarna scenografia completamente avvolti in abiti e drappi neri, neri come la morte e il lutto.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here