“Fuoco su tre sorelle” di Cechov secondo Viviana Di Bert

[rating=4] Un’audace rappresentazione cechoviana il lavoro messo in scena per soli tre giorni (20-­21-­22 marzo 2015) dall’Associazione culturale Compagnia Sperimentale Viviana Di Bert al Teatro Salauno di piazza di Porta san Giovanni a Roma. L’adattamento drammaturgico della celebre pièce di Anton Cechov è avvenuto rispettando fedelmente il testo, evidenziando un gioco tecnico che lo ha reso originale pur nel contempo i ruoli maschili trovavano più forza di quelli al femminile.

Di notevolissimo spessore l’interpretazione del “militare” così come di Kulygin (Stefano Pompili Rossini) il marito di Masa (una delle 3 sorelle). Le interpretazioni maschili hanno addolcito il rappresentato. Non è la prima volta che la Di Bert porta a teatro un testo di Cechov. Poco tempo fa era già avvenuto con “Il Giardino dei Ciliegi”. Il lavoro al Salauno risale al 1900 uscito dalla mente del drammaturgo russo, medico e scrittore, ispiratosi alle sorelle Zimmermann di Perm’.

Fuoco su tre sorelle

In una casa rurale della campagna russa tre donne fanno i conti col passato e la scarsa vivacità a vivere il presente. La vita sembra scivolargli addosso. Non ci sono fattori che stimolino quel grigiore ma solo interrogativi atroci e constatazioni inconfutabili. Dalla morte del padre generale le lancette del loro orologio sembrano essersi fermate. Nella loro mente c’è solo Mosca che mitizzano per tutto il tempo. Tra rimpianti e rimorsi. E, le cose non vanno meglio al fratello Andrej (Francesco Blasi), che a loro insaputa ipoteca la casa per sanare i debiti da gioco. Il generale Versinin (Giulio Gioia), che frequenta la loro residenza, ha un fascino irresistibile su Masa (Elena Capparelli) che vi proietta la figura paterna. Olga (Francesca La Scala) insegna e di lì a poco diventerà pure direttrice della scuola sebbene, nemmeno la nomina gli procurerà particolare gioa ed infine Irina (Giulia Pinzari), che cambia lavoro di continuo per inseguire una soddisfazione personale che resterà una chimera, cedendo alla fine alle lusinghe dell’ufficiale Tuzenbach (Giuseppe Scialla), pur non amandolo.

I nove protagonisti in scena (tra cui pure Gloria Annovazzi e Valeria De Matteis) siamo noi tutti ed ognuno può identificarsi nel loro pesonaggio. Ora forte, ora emotivamente fragile, ora reazionario o disperatamente affranto nel suo guscio esistenziale. “Fuoco su tre sorelle” è la ventesima regia firmata da Viviana Di Bert che si avvia ad un lungo percorso artistico di cui la capitale sentirà l’eco sempre più spesso nei prossimi anni.

La Compagnia risulta coesa ed affiatata, capace di trasmettere un messaggio non facilmente assimilabile per linguaggio e profondità. Cechov resta Cechov. Più che “tre sorelle” (Masa, Olga e Irina), i protagonisti sono i fallimenti, le disfatte esistenziali, quel cercare quella felicità che non si può “possedere ma solo desiderare”. Una curiosità: i vestiti sono del nostro tempo, quasi a volere dire che, quell’anima “russa” ancora oggi è sotto i nostri abiti. Cambiano le epoche ma il dolore umano non è cambiato. Forse la differenza è nei media che oggi possono amplificarlo. La penna di Cechov è l’ebook di oggi. La mitizzata Mosca è il welfare utopico di eccellenza a cui aspiriamo ma che, non possederemo forse mai.

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