
Tutto cominciò nel 1915 con un romanzo d’appendice. A scriverlo John Buchan, barone, poeta e politico britannico. I 39 scalini, questo il titolo, destinato a divenire la sua opera più celebre, anche perchè nel 1935 il maestro del brivido sir Alfred Hitchcock ne trasse un film. Ne seguirà un remake nel ’59 firmato sempre in UK da Ralph Thomas. Nel 1978 poi un altro regista inglese, Don Sharp, ne lanciò un ulteriore versione cinematografica col medesimo titolo. In Italia la storia arriva per la prima volta nel ventennio fascista, che doppia la pellicola di Hitchcock ambientandola in un improbabilissimo territorio fra Usa e Canada popolato da castelli medievali scozzesi.
Nel 2005 Patrick Barlow la penna dietro grandi successi come Il diario di Bridget Jones, Notthing Hill e Shakespeare in love, nonché drammaturgo del National Theatre di Brent, ha la geniale intuizione di un cambio di registro. Trasformare I 39 scalini da serissimo thriller di spionaggio a commedia. Il tutto sulla flasariga dei Monty Python e con qualche eredità dallo slapstick, la comicità molto “fisica” di titani come Chaplin, Keaton, Stanlio e Ollio e i fratelli Marx. L’opera viene accolta tiepidamente dai critici del Guardian, ma fa lo stesso incetta di premi.
Da lì in poi si susseguono le rappresentazioni. In Italia sbarca (se memoria non mi inganna) nel 2018, con la regia di Leonardo Buttaroni e il team di “Cattive Compagnie”. Lo stesso gruppo torna a furor di popolo quest’anno allo Spazio Diamante che però, almeno alla prima, non li accoglie con un pienone. La storia è immutata: protagonista Richard Hannay, gentiluomo baffuto e annoiato che decide di ammazzare il tempo e la routine assistendo a uno spettacolo di Mr. Memory al London Palladium. Mr. Memory come suggerisce il nome è un uomo dalla memoria formidabile in grado di ricordare qualsiasi cosa, durante il suo show però, uno sparo nella folla mette in subbuglio la sala.
Nella fuga concitata e improvvisa Richard si imbatte in una donna misteriosa, Anabella Schmidt. È il preludio di un’avventura surreale. Porterà il povero Richard a imbattersi suo malgrado negli intrighi di un’oscura società segreta. Trattasi appunto del club dei 39 scalini, depositario di una formula misteriosa in grado di cambiare le sorti del mondo all’alba di una guerra mondiale.

Lo spettacolo è un susseguirsi di gag e situazioni comiche esilaranti, di continuo alimentate anche dal fatto che i ruoli femminili sono interpretati dai quattro attori del gruppo: Diego Migeni (volto de La città ideale e uno degli interpreti di Leviatano), Alessandro Di Somma (direttore artistico del Fortezza Est), Mohamed Yaser e Marco Zordan, direttore del Teatro Trastevere, che avevo intervistato qui per FS durante il periodo covid.
Un quartetto d’eccellenza che riesce a gestire anche piccoli imprevisti in modo irresistibile. Si muovono frenetici sulla scena con continui cambi d’abito e rimbalzi di storie nella storia. Non ultima quella fra il protagonista (l’unico a non svestire mai i panni di scena) interpretato magistralmente da Zordan e la moglie di un contadino interpretata da Di Somma, in salsa demenziale Il postino suona sempre due volte.
La regia di Buttaroni è costruita ad arte sulle belle e ricche scene di Paolo Carbone e le luci di Pietro Frascaro, che diventano di fatto il quinto personaggio in scena. Tutto in realtà sembra funzionare. Fuorché per la lunghezza dell’opera che su di me “a una certa” come diremmo a Roma, ha avuto l’effetto di rallentare il ritmo della pièce. Ma sulla sottoscritta pesa il giudizio di un gusto non sempre vicino a questo genere di comicità. Il mio di gusto è tuttavia poca cosa, 39 scalini è un pezzo divertente e godibile, per gli amanti del genere sicuramente una chicca. In scena allo Spazio Diamante dal 20 dicembre 2024 al 12 gennario 2025, dunque lo troverete rocambolesco e spumeggiante, è il caso di dire, anche a Capodanno. Bravi!