
Il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino inaugura il 2025 con la ripresa del Rigoletto secondo Davide Livermore, uno spettacolo nato nel 2021 durante la pandemia e riproposto con la ripresa registica di Stefania Grazioli sotto la direzione di Stefano Ranzani.
Rigoletto, opera in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, debuttò nel 1851 al Teatro La Fenice di Venezia. Tratta dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo, l’opera racconta la tragica vicenda del giullare di corte Rigoletto, il cui amore per la figlia Gilda viene travolto da intrighi e vendette. Con una partitura ricca di contrasti emotivi, melodie memorabili e un sapiente uso dei leitmotiv, Rigoletto rappresenta una svolta nella drammaturgia verdiana, anticipando la maturità del compositore.

La regia di Livermore, caratterizzata da un’estetica “cinematografica” e da un’ambientazione atemporale con elementi moderni, ha mantenuto la sua impronta distintiva anche se a tratti stridente, a partire dal rumore del treno in transito dell’Ouverture fino ad una certa frammentarietà di idee registiche ed una prevalenza di toni cupi, alla lunga monotoni. Tra le idee più di rottura, la casa di Rigoletto trasformata in lavanderia e la taverna di Sparafucile fattasi improvvisamente locale notturno lussuoso e molto frequentato, fino alla scena finale ambientata in una stazione della metropolitana, simbolo di una modernità alienante, poco in linea con la narrazione.
Stefano Ranzani affronta la partitura con un approccio che privilegia l’equilibrio tra esigenze drammatiche e cura del dettaglio. La sua lettura non dimostra però particolari guizzi innovativi, anzi i tempi sono piuttosto dilatati e talvolta sfociano in una certa lentezza. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino risponde con compattezza e precisione, sottolineando con espressione i momenti di maggiore pathos. Ranzani riesce comunque a costruire una narrazione musicale coesa, facendo emergere la tensione drammatica senza sacrificare la cantabilità verdiana.

Il baritono Daniel Luis de Vicente offre un’interpretazione di Rigoletto intensa e sfaccettata. Il suo fraseggio, curato nei dettagli, contribuisce a rendere il personaggio drammaticamente credibile, evidenziando la doppia natura del giullare: sarcastico e crudele a corte, profondamente umano nel rapporto con la figlia. Nel secondo atto dà il meglio di sé, soprattutto nell’aria Cortigiani, vil razza dannata che vibra di una sofferenza autentica, supportata da una voce omogenea e potente nelle zone acute.
Olga Peretyatko nei panni di una Gilda più matura conferma una vocalità fresca e una linea di canto raffinata, perfetto equilibrio tra la dolcezza innocente e la sua progressiva presa di coscienza, senza mai cadere nella pura stilizzazione.
Meno convincente il Duca di Mantova di Celso Albelo, la cui interpretazione, seppur corretta, manca di quella varietà dinamica e di colore che renderebbe il personaggio più interessante. La sua voce si mantiene su un registro piuttosto monocorde.
Livello discreto per gli altri interpreti: Alessio Cacciamani offre uno Sparafucile efficace, pur con un timbro meno scuro rispetto alla tradizione, Eleonora Filipponi tratteggia una Maddalena sensuale, sebbene talvolta poco a suo agio nella scrittura verdiana.
Una produzione dibattuta accolta con calore da un numeroso pubblico per la replica del 20 febbraio.