
[rating=5] Si è conclusa il 9 marzo 2016, con l’opera lirica Salvo D’Acquisto del compositore siciliano Antonio Fortunato la stagione del ciclo Opera da Camera del Teatro Verdi di Pisa. Una stagione alternativa e fortemente voluta dal direttore artistico Marcello Lippi che dovrebbe diventare un esempio per tutti gli altri teatri italiani, in quanto fucina di sperimentazione e vetrina per compositori contemporanei che altrimenti difficilmente riuscirebbero a vedere rappresentati i loro lavori. Per questo ultimo titolo in cartellone Lippi è stato anche il regista e ha saputo trovare delle soluzioni intelligenti e funzionali per uno spazio ridotto come quello della sala Titta Ruffo. L’azione è stata portata tra gli spettatori infrangendo la quarta parete e creando un corridoio centrale dove i cantanti ed il coro si mescolavano con la platea per rendere ancora più vicina ed umana la storia dello sfortunato quanto eroico carabiniere che sacrificò la sua vita per salvarne molte altre innocenti.
Il regista ha puntato proprio sul lato dell’umanità e della freschezza di Salvo, grande eroe ma pur sempre un ragazzo senza fronzoli né superpoteri ed in questa semplicità si coglie la grandezza del gesto estremo compiuto nel 1943. Con questi intenti Lippi ha saputo coinvolgere lo spettatore su più livelli: con i movimenti di massa si veniva colti dall’impeto di volersi alzare dalla poltrona e unirsi al grido ‘’Italia libera! democrazia!” (primo momento corale che denuncia l’oppressione nazista) ed in secondo tempo portandolo fino alla commozione personale quando si consuma il dramma. Una regia azzeccata in toto.
La musica di Fortunato ha grandi richiami nel nostro glorioso passato operistico, strizza l’occhio a Puccini (si potevano chiaramente cogliere richiami a Turandot e Madama Butterfly) e lo fa in modo elegante. Spinge i cantanti ai limiti della tessitura con situazioni ritmiche complicate per creare effetti veristi. Difficoltà dalle quali i solisti si disimpegnano egregiamente.
Il tenore Roberto Cresca era Salvo D’Acquisto. Voce robusta e calda, con una pasta preziosa, ha saputo cesellare il libretto di Claudio Forti dando un senso ben preciso ad ogni frase e svettando impavidamente negli estremi acuti con la giusta baldanza eroica necessaria al personaggio. L’interpretazione ha trovato in Cresca un attore ideale: fragile nei momenti riflessivi quanto solido nel rassicurare gli animi e fronteggiare il comandante nazista. Natalizia Carone nei panni di Maria , la fidanzata di Salvo, è stata una partner all’altezza. Voce di soprano lirico leggero canta con grande sicurezza e con le giuste intenzioni, attrice eccellente.
Veio Torcigliani con la sua imponente voce di basso era il comandante tedesco dando fierezza ed autorità al personaggio.
Completavano il cast William Hernandez Ramirez bravissimo quanto giovane baritono che ha dato voce ben timbrata al personaggio del partigiano e Antonio Annunzio corretto e musicale paesano. Corpose le parti corali che molto spesso fungono da commento come nelle tragedie greche. Qui il compositore marsalese trova la maggiore ispirazione e sono tra i momenti più belli dell’opera. Il Laboratorio Lirico San Nicola diretto e preparato da Stefano Barandoni non ha nulla da invidiare ai cori dei teatri lirici. Sempre preciso e intonato merita un plauso particolare. Stesso plauso merita Eugenio Milazzo al pianoforte che ha saputo egregiamente essere maestro concertatore e pianista accompagnatore, un ruolo reso ancora più complicato dalla complessa partitura.
Una serata tutta positiva per chiudere al meglio la stagione delle opere da camera 2015/2016.