In un’elegante zona residenziale di Marsiglia, non lontano dallo Stade Vélodrome, c’è un luogo dove la cucina si fa linguaggio, ritmo, visione: AM par Alexandre Mazzia. Tre stelle Michelin, sarebbe riduttivo definirlo solo un ristorante. È un’esperienza che attraversa i sensi, che scuote la memoria, che pretende attenzione e restituisce stupore.

Qui, lo chef Alexandre Mazzia, ex cestista professionista, cresciuto in Congo e formatosi nelle cucine più rigorose di Francia, non propone semplici piatti, ma frammenti di mondo, codificati in sapori, texture e profumi che raramente si dimenticano.
Entrare da AM è come attraversare un portale: lo spazio è intimo, minimale, dominato da toni scuri e materiali naturali. Non c’è nulla di superfluo, perché l’essenziale è nel piatto, o meglio, nei piatti: una successione rapida e intensa di bocconi che non lasciano il tempo di abituarsi. Il ritmo è incalzante, orchestrato con precisione chirurgica da Mazzia stesso, che guida la sua brigata con l’energia di un direttore d’orchestra. Il risultato? Un crescendo gustativo che gioca con contrasti di temperatura, texture, acidità e affumicature.

Non esiste un menu alla carta, è possibile solo scegliere la durata del percorso, per la sera nei termini di Premier voyage, Allons plus loin o Grand voyage. Il viaggio è affidato completamente allo chef, che compone ogni esperienza come una sinfonia personale, ispirata dal mercato del giorno, dall’umore della cucina, dalla stagione: ogni piatto è un frammento di memoria che diventa gesto contemporaneo e avanguardista.
Un viaggio multisensoriale in oltre 40 assaggi

Assaporare un menu da AM par Alexandre Mazzia è un’esplorazione coreografata: in oltre 40 preparazioni, ogni boccone è un frammento di racconto che sfida la percezione, un viaggio emotivo dove il mare incontra la terra, il vegetale sfida il carnivoro, e ogni elemento sembra posto con una ragione precisa, anche quando sfugge alla logica comune.

L’inizio è marino, asciutto e iodato, come un soffio dell’Atlantico: il coast fish con lievito di birra e aceto di tonno gioca sull’umami, lasciando subito intuire l’estrema complessità del percorso. Segue un bage cristallizzato con zafferano, bottarga di caviale, zenzero e testa di sgombro bruciata: una composizione densa, marina e fumé che si imprime con forza. Con questi piatti arriva lo Champagne M. Hostomme, Grand Cru blanc de blancs: minerale e tagliente, perfetto per amplificare la sapidità iniziale. Insieme ad un cocktail analcolico di grande eleganza: passion fruit, fiori d’arancio e limone alla menta, in perfetta sintonia con i primi bocconi iodati e vegetali.

Interessante l’equilibrio della pastinaca agrodolce alla barigoule, con foglia di patata e condimento al sidro: dolcezza e acidità si rincorrono senza mai cedere. Puro colore e leggerezza nel tonno marinato con fiori, uva, radici e consommé al sommacco: un piatto etereo, che racconta l’Oriente e l’infanzia africana dello chef.

Le combinazioni sorprendono costantemente: alghe, patata dolce, liquirizia e bottarga, un boccone tra i più intensi, mentre il biscotto al galanga con manzo Limousine in diverse cotture trova un contrappunto amaricante nella gelatina di Campari. La tartelletta croccante con mousse di molluschi, sardina e ravanelli al nori esplode in bocca come uno snack d’alta quota.
La nuova ondata di sapori è sorprendente: trota selvatica e uova di salmone al sakè nascosti sotto il latte affumicato, un piatto fresco e marino, che gioca sul contrasto tra la setosità del pesce e la profondità affumicata del latte.

Il frollino vegetale, unguento erbaceo e iodato guarnito di fiori biologici risulta croccante, salmastro e aromatico: un boccone che racconta la terra e il mare in perfetto equilibrio. Infine l’anguilla affumicata e cioccolato amaro, un abbinamento audace che crea una tensione palatale che ricorda le armonie jazz: scura, libera, inaspettata.

Lo zucchero cristallizzato al plancton, foglia d’ostrica, marinière al curry, uova di luccio incanta per consistenze. Un morso marino e speziato: dolcezza salmastra, note iodate e una chiusura pungente del curry. Originale, vibrante, quasi alchemico. Con le nuove portate entra in scena il Savagnin Ouillé 2018 – Domaine du Pélican: profondo, fermentato, in piena sintonia con le note terrose e marine.
Quindi una pausa, come un silenzio tra due movimenti musicali: il pane viennese affumicato con burro al combava, un gesto semplice, ma carico di intensità.

Note affumicate e piccanti segnano il ritmo: cannolicchi con orzata soffiata e granita di mela verde; crescione affumicato, barbabietola, granita di testa di triglia bruciata e latte di scampo, un piatto carnale. Ancora manioca croccante, pommade di triglia, bottarga, cozze ghiacciate, gel al peperoncino; calamaro con cavolfiore affumicato e bottarga: ogni passaggio è spiazzante ma calibrato, come un colpo di scena ben costruito. Il vino che segue è Aupiho 2020 – Domaine Fontchêne, morbido e strutturato, ottimo per accompagnare i piatti più carnali.

Degno di nota le cozze con satay, beurre blanc al caffè zafferano e plancton, maiale e barbabietola, carota-zenzero, rape: un mosaico di sapori intensi, dove sapidità marina, grassezza e spezia si fondono in un equilibrio audace e strutturato, come una tavolozza di un pittore. Il Réjane – L’Astré 2019, floreale e sottile, abbraccia queste sfumature con discrezione.
Il finale dolce non cede alla prevedibilità. Si apre con gelato al wasabi e rafano, poi carote e zenzero, piselli-verde pompelmo, condimento allo zenzero, mousse di pastinaca; patata dolce, mango, datteri, acqua di maggiorana; crema di banana, riso soffiato, arachidi caramellate, kumquat; un pudding al gravy con banana caramellata e tamarindo che è quasi un’ode alla memoria infantile. L’ultimo abbinamento è la Malvoisie Passerillée 2020 – Blard & Fils, con note di frutta secca e miele.

La chiusura è brillante e fresca: melone ghiacciato con curry verde, gin e mela, mango fresco, guava e patata dolce cristallizzata, aceto balsamico invecchiato 25 anni con meringa e sorbetto al mais: dolci che non zuccherano, ma risvegliano.
Da AM par Alexandre Mazzia, nulla è lasciato al caso, ma niente è didascalico. È una cucina che non si spiega facilmente, si vive, si attraversa come un’opera d’arte avanguardista o un concerto contemporaneo. Mazzia non cucina per stupire, ma per raccontare. Racconta chi è, da dove viene, cosa ha visto, e dove vuole andare. E lo fa con una voce unica, radicale, sincera. Un viaggio che lascia il segno.
AM par Alexandre Mazzia
9 Rue François Rocca
13008 Marseille, Francia
https://www.alexandre-mazzia.com/