Oltre il cancello di Urban Landscape | Foto urbane

Mostra fotografica di Paolo Moressa tra i paesaggi industriali di Prato e Mestre. Curatela di Massimo Gonnelli

Attraverso un pertugio nella lamiera arrugginita di un’inferriata, osserviamo la lenta decadenza di una fabbrica e del suo mondo passato, tempio del lavoro, oggi convertito in paesaggio urbano.

Lo sguardo sensibile di Paolo Moressa si posa su resti, molti dei quali ancora in vita, di industrie delle sue due città: Mestre, dove è nato e cresciuto e Prato, dove il fotografo vive attualmente.
L’incontro tra queste diverse realtà, porta alla luce divergenze e punti di contatto. Entrambe le città hanno avuto negli ultimi 100 anni di storia una rapida e quantomeno disordinata espansione urbana, nonché economica.  Nel caso di Prato l’industrializzazione ha fatto sì che le fabbriche, con le annesse “cento ciminiere”, fossero inglobate all’interno del panorama cittadino, divenendone il cuore pulsante della città del tessile. Nel versante del Nord Est la creazione del polo industriale di Marghera, che ha conferito a Venezia il ruolo di città industriale, fu progettata più scrupolosamente, a causa della mancanza di spazi edificabili nel borgo lagunare.

I “paesaggi” impressi in pellicola ci rimandano la grandezza del porto industriale: le alte pareti di container, i riflettenti silos, i vacui binari ferroviari, le mastodontiche navi mercantili, la sinuosità dei tubi e i “raffinati” sbuffi delle torreggianti ciminiere. Una “Metropolis” industriale figlia dei “tempi moderni”, riflessa in una striscia di mare, del quale non riusciamo a sentire l’odore di salmastro.

L’aria si fa meno caliginosa scendendo nella “Manchester toscana”, dove la natura cinge e attanaglia la dimensione più popolare dell’architettura industriale. Una dignitosa decadenza sembra regnare tra l’isolamento e il tramonto delle vecchie mura. Il bianco e nero delle immagini ne sottolinea spietata ogni crepa, ogni singola ruga, tramutando una manciata di poveri resti in arte.

Oltre i cancelli, le reti metalliche e le mura, si cela la figura dell’uomo. Unico elemento assente negli splendidi scatti di Paolo e così occultamente presente.
Da quel pertugio iniziale dal quale abbiamo osservato, affiorano due poli, due mondi, due terre, “così lontane, così vicine”, capi estremi di un singolo ordito foggiato dallo stesso telaio.

Un inno al lavoro e a quello che ne è stato, perché possa di nuovo esserlo, oggi.

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