L’amico immaginario Matthew Dicks

Giunti Editore
Dedicato a Clara

“Con chi stai parlando?” disse la mamma.
“Con Patrizia e Nicola.” risposi.

Era il periodo della materna. Rovisto tra i ricordi di bambina e mi vedo sulla terrazza a parlare con i miei amici immaginari. Il ricordo non ha più la vividezza di una volta e io non so cosa ne è stato di loro, forse li ho semplicemente dimenticati.

Poi arriva un libro, quel libro. E tutto acquisisce un colore brillante, posso ricostruire i giochi, sentire l’eco delle parole, posso immaginarli ancora, forse, posso dargli un’altra possibilità.

Quale magia si nasconde dietro il fascino dell’immaginazione? Matthew Dicks, maestro di scuola elementare, racconta la storia di Max attraverso Budo, il suo amico immaginario. Max è un bambino disabile che vive sempre in bilico: “Quando una parola può significare un sacco di cose diverse, lui fatica a scegliere qual è il significato giusto. Non capisce neanche perché una parola debba avere significati diversi a seconda di come la usi, e non posso certo dargli torto. Neanche a me va molto a genio questa storia.”

Budo non è che un’idea lunga cinque anni, è la possibilità di lasciar libere le briglie della mente per correre sui prati dell’irrealtà. Rappresenta una via di fuga attraverso cui poter essere qualcos’altro: “vado in posti dove lui non può andare”, apre una porta aperta verso l’infinito, un varco in cui esistere e superare le proprie paure senza essere sotto la lente del giudizio.

Tra le pagine scopriamo un affascinante mondo parallelo, in cui i bambini creano proiezioni di se stessi, specchi a cui potersi rivolgere, amici invisibili dalle forme più disparate, che abitano “nello spazio che c’è fra le persone”. Sono due le emozioni preponderanti che corrono all’interno de L’amico immaginario: la forte convinzione che finché ci credi le cose esistono e la paura della morte. Il credere fermamente in qualcosa dà, in questo contesto, la possibilità di trascendere la limitatezza fisica, per approdare a posti inaccessibili. Non solo, finché Max crede in Budo, Budo continuerà a esistere, ad andare dal benzinaio di notte, a fare da palo per le cacche extra e a controllare l’acerrimo Tommy Swinden.

E la paura della morte? “Il mondo intero andrà avanti senza di te, come se tu non ci fossi mai stato. E poi un giorno anche tutti quelli che ti conoscono saranno morti, e sarà come se tu non fossi mai esistito. Mai e poi mai. Questo non ti fa sentire triste?” Qui la vera paura è la morte delle idee, lo scomparire senza aver lasciato niente dietro di sé. Per questo è importante pensare, credere, immaginare, fare qualcosa di buono che possa lasciare un ricordo quando tutto sarà finito: “Ora tocca a me, poi toccherà alla favola del dente sotto al cuscino e l’anno prossimo a Babbo Natale”.

Gli amici immaginari altro non sono che il frutto della capacità creativa, quella vocina dentro che aiuta a vedere non un albero per volta, ma la foresta tutta intera. Sono disegni, ologrammi, fiocchi, tutti costituiscono un nuovo accesso, una possibilità che accompagna per mano il bambino verso l’adulto.

Quando il nostro corpo avrà esaurito ogni risorsa, saranno le idee a rimanere per essere ricordate, rielaborate, per sostenere il progresso dello spirito.

Dicks riapre uno spazio tra i giochi del mondo infantile, portando alla luce con semplicità sia i processi mentali puerili, sia mettendo in primo piano l’importanza dell’immaginazione.

Se vuoi puoi acquistare qui il libro L’amico immaginario

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here