Il peso della farfalla di Erri De Luca

La più aspettata vittoria era gemella uguale di una sconfitta mai conosciuta prima

Feltrinelli editore

Questa è una storia che parla di un re. Il protagonista è un camoscio rimasto orfano di madre. Dopo essere stato capobranco per molti anni, decide di abbandonare il gruppo per non sottomettersi a uno dei suoi stessi figli. Dall’altra parte abbiamo un cacciatore che gode di un’ottima reputazione e che da tre anni cerca di ucciderlo.

Entrambi sono più evoluti rispetto ai suoi simili, il camoscio antropomorfo viene descritto con grande spessore psicologico, l’uomo si distingue grazie all’abilità nella pratica dell’alpinismo, la quale gli procura molti trofei.

Al di là delle loro caratteristiche, l’autore instaura tra di essi anche una relazione gerarchica, che se non è proprio esplicita, diventa evidente nei simbolismi. Quando descrive il camoscio che sente l’odore dell’uomo che ha ucciso sua madre – non è certo che si tratti dello stesso cacciatore – quell’uomo rappresenta tutti gli uomini, ma non l’umanità. Le camosce, infatti, vengono ritratte come autosufficienti, accudiscono i cuccioli senza bisogno dell’aiuto maschile. Nel gioco della morra cinese (sasso, carta, forbici), l’uomo viene messo all’ultimo posto dopo il camoscio e la donna. Si introduce qui anche il distinguo sessuale, ma rimanendo al rapporto uomo animale, emerge più volte la superiorità di quest’ultimo.

De Luca crea abilmente un intreccio serrato tra queste due creature, se dovessimo descriverlo con una formula matematica, si direbbe che il camoscio è maggiore uguale all’uomo. Lo si evince anche dalle scelte lessicali, quando descrive l’uomo come una bestia assassina e solitaria, o ancora: “l’odore di profumato con cui le donne marcano l’aria”. La fusione camoscio uomo, la si ha anche nel loro soprannome: re dei camosci. Inoltre, l’animale preferisce essere predato dal cacciatore piuttosto che dalle aquile, perché questo si annuncia facendo inevitabilmente rumore. La sua presenza dichiarata, permette un duello che è tra pari. Nel momento del confronto sono sullo stesso piano, per questo il camoscio alle spalle del cacciatore fa rumore con lo zoccolo, perché vuole che si volti per guardarlo negli occhi.

È così che il camoscio compie il suo ultimo atto, dopo essersi preso l’ennesima rivincita, adesso è lì e non ha paura di affrontare la morte e anche in questa scena vi si può leggere una riflessione più profonda che cela la differenza tra l’essere umano e gli animali e che De Luca stesso sintetizza così: “La più aspettata vittoria era gemella uguale di una sconfitta mai conosciuta prima”. Il camoscio dà all’uomo una possibilità, ma questo la getterà ancora, troppo preso nel portare a termine la sua missione. È per questo che il camoscio, al contrario, nella sconfitta avrà la sua vittoria, nel branco che, non curante del pericolo, gli si raduna intorno, nella farfalla che da sempre posa le ali sul “corno insanguinato del vincitore”. Quel piccolo peso “finito sopra il cuore, vuoto come un pugno chiuso.”

Quello di De Luca è senza dubbio un testo molto intenso, anche per la sua brevità, solo settanta pagine. Peccato per alcune ripetizioni e qualche punta di eccessivo lirismo.

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