
E’ tra i papabili a portare a casa l’ambita statuetta, anzi, più d’una, l’ultimo lavoro di Denzel Washington, che non solo interpreta “Barriere” ma lo ha pure diretto, in un ruolo tanto magistrale nell’interpretazione quanto odioso. Ben quattro le candidature agli Oscar, che saranno rivelati nella notte del 26 febbraio, a partire dalle ore 22.50 quando inizierà la diretta della cerimonia degli 89esimi Academy Awards (leggi le nomination su Fermata Spettacolo).
E’ un film dello scorso anno, in Italia nelle sale dal 23 febbraio 2017 distribuito da Universal Pictures, diretto e interpretato da Denzel Washington, al secolo Denzel Hayes Washington Jr., figlio di un predicatore, è oggi un attore, regista e produttore cinematografico tra i più apprezzati, lontano dal gossip e scandali.

“Barriere” il suo ultimo film, si candida dunque all’Oscar per il migliore attore protagonista, un grande Denzel Washington, qui, che interpreta Troy Maxson, migliore attrice Viola Davis (nel ruolo della moglie di Troy, Rose), miglior film e migliore sceneggiatura non originale. E, su quest’ultimo punto va fatta una precisazione. Tra gli sceneggiatori del film si cita August Wilson, che è stato un drammaturgo afroamericano. “E’ stato” perché è scomparso, purtroppo, nel 2005, senza quindi poter vedere il film, che senz’altro gli sarebbe piaciuto molto per l’idea di fondo avuta da Washington. Wilson, scomparve a soli 60 anni per un male incurabile ed il suo desiderio è che il lavoro fosse seguito e diretto da un regista afroamericano. Voleva, insomma, che il testo, scritto nel 1983, entrasse nella pelle di chi ci avrebbe lavorato. Così è stato. La nomination, che arriva postuma, è un riconoscimento letterario all’opera del drammaturgo Wilson, vincitore due volte del Premio Pulitzer, e che ha firmato sia il testo che la pièce che ne fu tratta. E, furono sempre Washington e Davis a rappresentare il lavoro a teatro ( a Broadway) nel 2010, vincendo entrambi il Premio Tony Awars al miglior attore protagonista in uno spettacolo e quello per la miglior attrice protagonista in uno spettacolo, di lì dunque il progetto cinematografico. “Barriere” fa parte del “Ciclo di Pittsburgh” di Wilson, che conta 10 pièce sulla vita quotidiana dell’America di colore dal 1900 agli anni’90. Tra lavoro, diritti e discriminazioni, conquiste e vittorie.
Per Washington, che di Oscar ne ha già vinti due nella sua carriera, questo sarà il terzo in arrivo ed appare oramai scontato. In “Barriere” si è superato ampiamente. Ha già vinto l’Oscar al miglior attore non protagonista per il film “Glory – Uomini di gloria” e quello come miglior attore, dopo tre nomination nel 1987, 1992 e 2000, per l’interpretazione in “Training Day” del 2002.
Una nota: la voce di Troy Maxson (appunto il protagonista assoluto della storia Denzel Washington) è dell’attore italiano Francesco Pannofino, che contribuisce non poco a valorizzarlo ulteriormente.
“Barriere” (in originale “Fences”) è già vincitore di un Golden Globe, e fin dalle prime scene trasmette la sensazione che non si è al cinema, ma a teatro. Infatti, la trama vede solamente sei persone protagoniste e poche comparse. La scena resta ferma dentro e fuori la casa dei Maxson, nel loro giardino scarno dove una pallina legata ad un filo è come le vite combattute dei protagonisti. E’ proprio in questo giardino, così piccolo, se vogliamo, che Rose desidererà che Troy costruisca un recinto di legno, e qui entrano in gioco sensazioni e presentimenti. Un recinto per tenere lontano il “diavolo” dalla casa, dai nemici, dalla “morte”, da ciò che fa soffrire. Lei, cresciuta tra fratellastri in un’ampia famiglia voleva tenere al sicuro ciò che aveva costruito con Troy. Ci riuscirà? Qui inizia davvero la storia. Dal sapore di prosa. Il film va avanti ma a volte si ha la sensazione che resti fermo intorno allo stesso punto.
Il vero protagonista, attraverso il carattere irruento di Troy, sono le discriminazioni di ogni genere, dal lavoro a quelle razziali e che poi le due cose si incrocino diventa ancora di più insopportabile. Da operatore ecologico, nell’America degli anni’50, l’uomo soffriva da operatore ecologico di non poter guidare il camioncino addetto al trasporto dei rifiuti urbani. Una vita passata a svuotare bidoni ed a rimetterli a posto. Un giorno, però, reagisce all’ingiustizia lavorativa e la questione arriva ad avere risvolti giudiziari, che porteranno alla vittoria di Troy Maxson, che sarà autorizzato a mettersi alla guida del camioncino dei rifiuti, lui, il primo uomo di colore ammesso al servizio, fino ad allora prerogativa dei soli bianchi, la cosa curiosa è che non avesse nemmeno la patente! Una vittoria che porterà molta gioia nella vita del lavoratore, colpito nella sua sensibilità di afroamericano, costretto a rinunciare sempre a ciò che volesse fare per i conflitti razziali ancora forti al suo tempo. E tra queste cose – pare – vi fosse stata pure l’esclusione dal baseball. Una passione che erediterà suo figlio Cory (Jovan Adepo), che tante volte viene scoraggiato dal padre ad intraprendere la strada sportiva, quasi a proteggerlo dalle delusioni che gliene verrebbero. I conflitti tra padre e figlio, tra moglie e marito ed una relazione extraconiugale dall’amaro risvolto, saranno i nodi da seguire nel filo del racconto, fatto di tanti dialoghi e musica al lumicino.
Da segnalare l’ottima interpretazione pure di Mykelti Williamson, nel ruolo del fratello di Troy,Gabriel detto “Gabe”, che insegue i “cerberi” (immaginari) fra le strade del quartiere, affetto da un grave ritardo psichico a causa di una grave ferita da guerra proprio alla testa, un incidente che fruttò un risarcimento di cui di tanto in tanto Troy si sente in colpa per avere incassato, e che gli aveva permesso di farsi una casa.
Nel cast anche la piccola Saniyya Sidney che è Raynell Maxson e Russell Hornsby che è Lyons Maxson.
Non lasciatevi ingannare dalle diverse foto che circolano per il lancio del film. Si vedono lui, sorridente accanto Viola Davis, che interpreta sua moglie, nel film è un duro che più duro non si può il Washington che ci piace da sempre. Un uomo indurito da una società che non lo ha rispettato nei suoi sogni e nella sua dignità, che vive di conti e soldi pur consegnandoli alla coniuge e che incute paura nel figlio e nella consorte. Autoritario e cinico come le discriminazioni che lo segnarono da giovanissimo.