
[rating=3] Eu gosto muito do Português, e você?
Mi piace molto il portoghese e a voi?
Se la risposta è no, fa niente: ci sono i sottotitoli. Quello che conta è seguire la camera e i suoi movimenti: carrelli e panoramiche che scorrono in numerosi piani sequenza in soggettiva.
È il punto di vista dei due visitatori (un uomo e una donna) della casa (deserta?) di Manoel De Oliveira.
26 novembre 2015, Cinema Odeon, ore 20.30. Passaggio di consegne tra Il cinema ritrovato e il Festival dei Popoli, con il film Visita ou Memórias e Confissões dello stesso De Oliveira (1982). La copia è stata gentilmente concessa da CSC-Cineteca Nazionale di Bologna.
Il testamento di Manoel De Oliveira precorre, in versione documentaria, The Others di Alejandro Amenábar (2001). Inoltre, alternate ai piani sequenza, sono frequenti le incursioni hitchcockiane con cui l’autore interrompe il flusso diegetico del film. Sguardo in camera e testimonianza diretta sono i pilastri di questa seconda narrazione. Giochi percettivi e linguaggio ambiguo, producono un racconto liminale, sospeso tra realtà e illusione; com’è mandatorio per un racconto suscitato dal ricordo e teso alla costruzione della memoria.
Rimasto inedito fino alla morte del regista (sopraggiunta il 2 aprile 2015 all’età di 106 anni!), che lo aveva concepito come testamento da vedere, appunto, postumo, il film coniuga la sceneggiatura di Agustina Bessa-Luis, Visita, e le confessioni personali dello stesso De Oliveira.
La protagonista rimane lei: la casa. Costruita dall’architetto José Porto, in Rua Vilarinha, a Oporto, è stata dimora di De Oliveira per quarant’anni dal momento del suo matrimonio fino alla vendita, necessaria ad evitarne lo smembramento per una messa all’asta.
Una “relazione intima e personale”, segno attraverso cui l’essere umano si esprime e si realizza, nave che salpa per l’Altrove, la dimensione trascendentale e nostalgica. Il cinema come casa o la casa privata come casa del cinema? Qualunque sia la formula che si predilige, Visita ou Memórias e Confissões unisce le due grandi passioni dell’autore: il cinema e l’architettura.
E la famiglia. Di cui Manoel De Oliveira parla diffusamente e con affetto, soprattutto in rapporto alla moglie, che omaggia con foto e filmati. È qui che trionfa il genere del cinema privato, la dimensione più minuta, quotidiana e reale che, unita ai giochi e alle disarticolazioni percettive, sintetizza in un’unica forma, l’intera esistenza di un uomo e le polarità dell’universo che lo abita.
Anche l’anima, che si manifesta ai vivi (gli spettatori in sala) mediante lo schermo, è una casa: un piccolo scrigno carico di gemme preziose, che Manoel De Oliveira elargisce senza riserva. Egli affronta tutti i temi più complessi e impegnativi dell’esistenza, della filosofia, del pensiero, usando molte espressioni degne di essere citate, ma troppe perché sia realmente possibile farlo.
È una densità che ad alcuni appare noiosa, ma che, esercitando un poco la pazienza, procura anche una testimonianza storica di notevole livello, perché diretta: quella di un longevo cineasta ultracentenario.
Venerdì 27 novembre è seguita, poi, la “Giornata di studi internazionali su Manoel De Oliveira”, organizzata in collaborazione con l’Università di Firenze, presso la sede del Dipartimento di Storia, Geografia, Arte e Spettacolo (SAGAS, Via Gino Capponi 9), ore 09.00-18.00, aula 12.
Ci vediamo al cinema!