Il Decamerone di Baliani e Accorsi tra vizi, virtù e passioni

[rating=3] Sette su cento. Sono le novelle estrapolate dal Decamerone di Boccaccio per l’adattamento teatrale di Marco Baliani, con la drammaturgia di Maria Maglietta. Si chiama “Decamerone – vizi, virtù, passioni”, vede come protagonista Stefano Accorsi ed è andato in scena lo scorso week-end al teatro Comunale di Caserta.

Un’ora e quaranta senza intervallo. In questo lungo atto unico cinque attori (Salvatore Arena, Mariano Nieddu, Fonte Fantasia, Naike Anna Silipo, Silvia Briozzo) più Accorsi, si sono alternati in scena, impersonando più ruoli, per riproporre alcuni dei racconti nati dalla penna del celebre scrittore di Certaldo.

Baliani afferma: “Abbiamo scelto di raccontare alcune novelle del Decamerone perché oggi ad essere appestato è il nostro vivere civile. Percepiamo i miasmi mortiferi, le corruzioni, gli inquinamenti, le mafie, l’impudicizia e l’impudenza dei potenti, la menzogna, lo sfruttamento dei più deboli, il malaffare. In questa progressiva perdita di un civile sentire, ci è sembrato importante far risuonare la voce del Boccaccio attraverso le nostre voci di teatranti. Per ricordare che possediamo tesori linguistici pari ai nostri tesori paesaggistici e naturali, un’altra Italia, che non compare nei bollettini della disfatta giornaliera con la quale la peste ci avvilisce”.

Insomma, la dichiarazione d’intenti prepara ad un teatro di evasione, volto al recupero del bello del passato per farci dimenticare il brutto del presente. A parte che nelle note di regie e (con un minimo accenno) nel proemio, della nuova pestilenza moderna che ha invaso la nostra società, non c’è traccia. Ci si immerge, invece, nelle novelle. Rivivono così le storie di Lisabetta da Messina che nasconde la testa del suo amato, ucciso dai fratelli, in un vaso di basilico. O quella di Tancredi, re di Salerno, costretto ad uccidere la figlia Ghismunda perché innamorata dello stalliere Guiscardo, che Baliani risolve attraverso una narrazione asciutta. O ancora quella dell’ingenuo Calandrino, beffato da Buffalmacco e Bruno, che gli fanno credere sia gravido.

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Il tutto avviene avendo sullo sfondo un carro-furgone, casa e teatro viaggiante della compagnia (che richiama il carrozzone di felliniana memoria di Gelsomina e del suo Zampanò). E’ quindi attorno, sopra e dentro il furgoncino che il capocomico Accorsi e la sua allegra brigata con un ritmo forsennato e nel registro multilinguistico boccascesco (che nella loro versione accoglie i dialetti messinese, bolognese e sardo) mettono in piedi uno spettacolo gradevole, ma non del tutto convincente.

Sia chiaro, a non convincere fino in fondo è l’allestimento, un po’ troppo didascalico (per le platee di studenti è perfetto), e non gli attori, tutti bravi, Accorsi in primis. Se non fosse per lui, che riempie i teatri di tutta Italia, e per gli altri interpreti (insieme sono affiatati e credibili), questo Decamerone non strapperebbe grandi applausi.

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