
Ritornare bambini e vagabondare in un’arte tesa ad ingannare, stupire, meravigliare: è lo spirito giusto per inoltrarsi tra i corridoi di Palazzo Strozzi, dove 150 opere di pittura, scultura e arti applicate provenienti da musei e collezioni aprono la strada “meravigliosa” dei trompe-l’œil, accezione ottocentesca per l’opera d’arte che tende alla verosimiglianza, all’imitazione del reale.
Un reale indagato da un’arte che si apre in un dialogo stretto con la scienza, in un quadro storico di quasi 800 anni.
E’ quanto affronta l’imperdibile mostra Inganni ad Arte. Meraviglie del trompe-l’œil dall’antichità al contemporaneo a cura di Annamaria Giusti a Palazzo Strozzi fino al 24 gennaio.
E’ un percorso che si snoda tra la mitologia classica di Plinio il Vecchio del I secolo d.C. attraverso le leggendarie figure di Zeusi e Parrasio: il primo, secondo quanto racconta il filosofo, in grado di dipingere grappoli d’uva così realistici da indurre gli uccelli a beccarli; il secondo capace di ingannare Zeusi stesso, che di fronte alla tela dipinta dal rivale tentò di scostarla, credendo celasse il quadro.
Tali topoi li ritroviamo nel grappolo d’uva di Barend van der Meer o nella tenda che cela l’arcivescovo Filippo Archinto di Tiziano Vecellio.
Ma è dal Quattrocento con la rivoluzionaria novità della prospettiva brunelleschiana che figure ed oggetti sono compiutamente rappresentati in una tridimensionalità che simula sempre più la realtà ed è proprio nell’incontro tra questa scoperta rinascimentale e la pittura fiamminga che il genere del trompe-l’œil si definisce a pieno. Primo tema in cui si esemplifica è quello della natura morta: affascinanti le opere di Sebastiano Lazzari dove il gioco ambiguo di false apparenze si cela dietro a carte da gioco in bilico sulla cornice del quadro, a mostrare quel finto asse che rende labili le certezze del reale.
Il gioco prosegue ed ecco un atelier dove l’artista “prestigiatore” compare magicamente in un autoritratto autocelebrativo (Antonio Cioci, Angolo di atelier con autoritratto) o ancora, adotta la tecnica dello chantournè per scontornare il dipinto ed accrescere l’efficacia illusionistica: citando tale tecnica non si può che richiamare l’attenzione sullo Scarabattolo di Domenico Remps, vera “camera di meraviglie” d’impressionante verismo, quasi anticipatore del movimento contemporaneo dell’Iperrealismo. A questo cabinet de curiositès viene dato un risalto particolare, in quanto custodito a Firenze all’Opificio delle Pietre Dure come rara e suggestiva testimonianza d’arte illusiva fiamminga.
Altro filo rosso che percorre la pittura illusionistica attraverso i secoli è quello della mimesi degli oggetti cartacei, quali lettere, cartellini didascalici, documenti contabili, disegni, carte da gioco, disegni, incisioni, spartiti musicali, ora appoggiati su di un piano orizzontale, ora sorretti da nastri colorati inchiodati a tavole verticali di legno, di un singolare fascino, come mostra il magistrale Gijsbrecht con il suo grandioso Pannello portalettere fino a giungere al Parcel del contemporaneo Ton de Laat.
Quello del trompe-l’œil è un genere che trasversalmente tocca epoche e tipologie diverse: miniature finissime, figure dipinte nello spazio pittorico e nello spazio reale, che vengono ora inglobate dalla superficie del quadro, ora tentano di uscirne come Ludwig Guttenbrunn nel suo autoritratto o Antonio Riccobono ritratto da Tiepolo, fino al ragazzo stralunato che esce dalla tela di Pere Borrell Caso, preso come emblema dalla mostra.
Il percorso continua toccando la vastissima fortuna della falsa scultura, come l’elegantissima illusione del bassorilievo in marmo dell’Allegoria della vera Libertà di Johannes van Dregt; ma anche la “vera”scultura si è lasciata affascinare dall’illusione fino a giungere all’Iperrealismo con le sue tre dimensioni, indagando nuovi materiali, dal marmo, come l’Astice di Francesco Antonio Franzoni, alle pietre dure capaci di fissare l’effimera bellezza in un’immutabile freschezza, quale quella superba del Busto di Vittoria della Rovere di Giuseppe Antonio Torricelli, fino alla suggestione mimetica della cera, capace di creare “cloni” di un’autenticità e carnosità inquietante, dal vagamente ironico Busto di Vittoria di Savoia-Soissons di Francesco Orso, alla vera “cultura di vita” in resina policroma di Duane Hanson.
Il viaggio chimerico procede tra le “Materie en travesti” che confondono e stupiscono circa la loro concreta natura, come le pianelle di finto cuoio in realtà scolpite nella pietra o gli abiti di carta della contemporanea Isabelle de Borchgrave, fino ad aprirci squarci di vedute immaginarie e visionarie per raggiungere infine la suasiva fascinazione di un’arte capace di rappresentare se stessa, rendendoci coscienti della precarietà e ambiguità della conoscenza stessa.
La mostra, articolata in 10 sezioni, presenta così capolavori di autori celebri come Tiziano, Velázquez, Mantegna, Tiepolo, Tintoretto, Turrell, Pistoletto che si snodano in un percorso sensoriale ironico, capace di stupire e divertire tanto gli adulti quanto i più piccini.
All’interno dell’esposizione è stato creato un percorso speciale parallelo dove si intrecciano arte e scienza, rivolto a famiglie e bambini. Nel tragitto, oltre a ologrammi e fascinazioni uditive e olfattive che animano l’itinerario della rassegna, si arriva ad una sala interattiva dove il visitatore potrà sperimentare alcuni inganni e illusioni sensoriali.
Inganni ad arte è una mostra deliziosa, che con un tocco vivace e ironico ci porta all’interno dell’arte del trompe-l’œil e ci cattura attraverso la ricerca dell’illusione. Un viaggio stimolante, piacevole e ben organizzato, da vivere con il sorriso e un ritrovato stupore, quasi come uno spettacolo di magia, dove eccellenti prestigiatori si prendono gioco di noi spettatori con svariati trucchi di prestigio. Sbalorditi e compiaciuti dell’illusione ricevuta, fissiamo l’opera alla ricerca dell’artificio. Ma come in tutte le illusioni, il trucco c’è ma non si vede.
Per info, promozioni per gruppi e famiglie, orari e costi: www.inganniadartefirenze.it