Autobiografia scientifica di un architetto – Parte Prima

Le impressioni sensoriali di fronte all’architettura sono come l’embrione umano che attraversa nel corpo materno tutte le fasi di sviluppo del regno animale. L’uomo quando nasce mostra sensazioni uguali a quelle di un cucciolo, la sua infanzia passa attraverso tutte le varie vicissitudini della storia dell’umanità. Il bambino è testimone, infatti egli vede nella sua crescita diverse immagini, fino quando a otto anni acquista coscienza del colore violetto, il colore che fu scoperto nel secolo diciottesimo, poiché prima la viola era azzurra e la murice era rossa.

In realtà si può dimostrare che lo spazio del bambino può essere descritto come una miriade di spazi separati, ognuno concentrato su un’attività singola. Questo è regolato non con distanze permanenti, ovvero angoli, aree, ma si basa su rapporti di vicinanza, separazione, successione, recinzione, il vero dentro e fuori. Questo se vogliamo risulta un elemento della psicologia della percezione, che in termini generali si può interpretare come determinazione di centri o luoghi, direzioni o percorsi ed aree o domini ovvero prossimità, continuità e chiusura.

La struttura architettonica crea un movimento con la possibilità che le spinte verso di esso, mano  a  mano che si procede all’ evoluzione, creano l’esperienza stessa, la “meta” verso cui ci si allontana e si avanza. Affrontando la questione dell’esperienza fatta dall’uomo nel suo ambiente si è dimostrato come la percezione dello spazio sia un processo complesso, che implica numerose variabili.  L’individuo non percepisce un universo comune a tutti, ma mondi diversi che derivano da motivazioni personali e da esperienze passate. La percezione tende in genere a stabilire un rapporto con la natura dell’ambiente, che varia relativamente alle situazioni che potrebbero risultare complicate. La percezione trasmette un ambiente che potrebbe essere anche descritto come la somma di eventi spazio-temporali a quattro dimensioni.

radici

Ma tornando all’architettura come visione, ciò che conferisce spazio alle percezioni sono anche i suoni, gli odori, le sensazioni a livello epidermico, che pensate in armonia con il progetto ne aumenteranno la comprensione, spiegando i concetti con l’alternazione degli stimoli di uno o più organi sensoriali, oppure attivandoli tutti contemporaneamente per avere un’esplosione di sensazioni. In realtà un bosco non stimola il senso della sola vista, ma anche l’udito, l’olfatto e il tatto, il tapparsi le orecchie non comporta un cambiamento nella percezione totale, ma ne diminuisce l’atmosfera e quindi il manifestarsi del luogo. Si vorrebbe riuscire a rendere armoniosi, da un certo punto di vista, anche gli ambienti artificiali, dove tutto concorda con l’idea che si vuole trasmettere, traendo spunto dai paesaggi naturali.

Volendo progettare un habitat idoneo possiamo fare le nostre adduzioni, come un fiume, ad esempio, e ciò non significa cercare di cogliere le essenze che ci danno l’idea di ciò che vogliamo fare, ma riportarle opportunamente trasformate e ricontestualizzate nel nostro progetto. Facendo questo si potrebbe anche cercare di risvegliare delle sensazioni e dei sentimenti che la vita ci fa disperdere, riportando adduzioni da luoghi che si credono capaci di stimolare piacevoli sensazioni.

ecoambiente

Tutto questo è parte integrante di ciò che porta l’architettura ad un processo di formazione, di contemplazione attraverso il godimento del bello come essenza dell’interpretazione progettuale. La contemplazione, come conclusione del processo d’interpretazione, consiste dunque nel vedere la forma come forma.

Quello che durante il processo d’interpretazione era lo spunto interno d’una immagine appena abbozzata, è diventato immagine nitida e precisa, in cui si riconosce il senso di ciò che attentamente si scrutava: il vigile sforzo di attenzione, mobilissimo e pronto a trovare, fissare, scrutare sempre nuovi aspetti, s’è placato in una serena e muta contemplazione. Vedere la forma significa averne compiuta l’interpretazione, averne trovato il senso, averle carpito il segreto: l’interpretazione dunque è un processo evolutivo connesso ad un piacere, come movimento, quindi ricerca assoluta della contemplazione architettonica.

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