Shakespeare in red al teatro San Salvatore di Bologna

[rating=3] I biscotti impilati alla buona, gialli con grani neri, si specchiano nel vassoio tenuto in mano da uno degli attori dello spettacolo “Shakespeare in red” al teatro San Salvatore di Bologna. Offrendoceli prima dell’ingresso in platea, il pubblico si sente catapultato all’epoca del teatro elisabettiano dove, prima e durante le rappresentazioni, si mangiava e beveva oltre ad ascoltare un “presentatore” che illustrava cosa si poteva vedere sul palcoscenico. D’altra parte solo il teatro è un delizioso richiamo al passato, con soffitto a cassettoni, affreschi alle pareti evidenziati da un’illuminazione ad hoc, una boccascena ridotta con proscenio classico e una platea di vecchie ma comode sedie di legno.

E’ bello notare come fin dall’inizio di questo spettacolo, che non è ovviamente stato scritto dal grande Shakespeare, si respiri così distintamente l’aria della sua epoca molto più che in alcune rivisitazioni delle sue tragedie.

Il simpatico intrattenimento iniziale, in parte basato sull’improvvisazione, ci introduce prima nella platea e poi nello spettacolo vero e proprio, anticipando cosa vedremo in ogni scena. Dopo una breve ma energica contaminazione di un’altra nota favola, si entra nel vivo del racconto di cappuccetto rosso, dove Shakespeare si perde un po’ di vista, riemergendo solo in alcune descrizioni “poetiche”, oltre che nel monologo “tessere o non tessere…”. Poco male, perché viene sostituito da un ritmo comico elevato e battute molto divertenti, che non fanno per niente sentire la mancanza del grande drammaturgo. “La faccia di lato sul libro dei visi” diventa il “profilo su facebook”, gli sms vengono scritti come il codice fiscale, cioè con una serie incomprensibile di sigle e abbreviazioni, mentre quando manca la corrente si verifica il nero di fuori, il black-out. Le tematiche sono contemporanee, si contrappone la giovinezza e spensieratezza di cappuccetto rosso “all’ansia da disastro imminente” della madre, che la subissa di raccomandazioni, per finire al rapporto con lo sconosciuto, il lupo, che non è più il losco figuro con in mano le caramelle per attirare le bambine, ma un subdolo ed ignoto utente di facebook. La novella dei fratelli Grimm viene aggiornata ma non stravolta, i personaggi restano fedelmente nei loro ruoli anche se interagiscono in modo contemporaneo.

La comicità che si viene a creare non viene interrotta nemmeno fra una scena e l’altra perché l’annunciatore è divertente, anche se utilizzando altri registri: divaga con racconti contemporanei misti ad aneddoti dell’epoca che rappresenta, facendo da collegamento fra i due diversi periodi storici. Un tocco di leaving theatre, cioè l’interazione degli attori con il pubblico, oltre a qualche intramezzo di sicuro effetto (come il sogno che fa cappuccetto rosso, con due fantasmi che si materializzano sul palco), rendono questo spettacolo divertente e carino.

La coppia comica Paolo Maria Veronica e Roberto Malandrino convince fin dal primo minuto, immedesimandosi in ruoli anche femminili come avveniva nel teatro elisabettiano, senza difficoltà. Sembra tutto facile a guardarli, ma far ridere il pubblico non lo è mai. Maurizio Grano, l’annunciatore teatrale, si è ritagliato un ruolo interessante, da intrattenitore e “traghettatore”, gestendo il pubblico in modo carino e mai fuori dalle righe, come se fosse il padrone di casa del teatro. Raffaella Silva e Clio Abbate si muovono bene nello spazio, creano parentesi di movimenti scenici interessanti che non appartengono né a Shakespeare né a cappuccetto rosso, pur non stonando affatto.

Tutte queste contaminazioni di stili diversi, sotto la regia del duo comico Veronica-Malandrino, sono diventate uno spettacolo divertente che il pubblico ha gradito: gli spettatori, forse anche per la brevità della piece, non volevano più andarsene dal teatro nella speranza che non fosse ancora finita…

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