“Il Diario di Anne Frank” torna in scena al Teatro Belli di Roma

La Memoria storica è fatta di ricordi “vivi” e il teatro riaccende i riflettori sulla Shoah

Nel novantesimo anniversario della nascita di Anne Frank, la Compagnia del Teatro Belli, in collaborazione con la Compagnia Mauri Sturno, mette in scena Il Diario di Anne Frank nella storica sede del Teatro Belli, per la regia di Carlo Emilio Lerici.

Perchè Anne Frank? Ce lo spiegano le note di regia. Questo dramma teatrale di Frances Goodrich e Albert Hackett, tratto da Il Diario di Anne Frank e Premio Pulitzer per la drammaturgia nel 1956, è da parecchi anni che non viene rappresentato in Italia. Fra le messe in scena più riuscite si ricorda l’eccellente edizione del 1957 dalla Compagnia dei Giovani, con Anna Maria Guarnieri e Romolo Valli, e quella di Giulio Bosetti nel 1977, con Nada. Oggi questo spettacolo è rivolto soprattutto ai giovani, ed è necessario che “mentre gli ultimi testimoni diretti muoiono, la memoria si sedimenti e prenda voce nelle nuove generazioni”. L’odio verso il diverso ha avuto nella tragedia dell’olocausto la sua massima espressione. Perciò bisogna sempre ricordarlo per rendersi conto dove ci può portare il razzismo e il grado di crudeltà di cui è capace l’uomo.

La storia la conosciamo tutti. Sul palco siamo all’alba della tragedia: inquietudine, senso di morte e di rivalsa contrapposti regnano sovrani. Sconforto alternato a scene familiari intense e perfino allegre come quella dei canti per la festa di Hanukkah. Perché Anne è una bambina allegra, fino all’ultimo ottimista. Si muove con disinvoltura e innocenza sul palco, ci racconta i suoi pensieri più profondi, ci mostra tutta la sua vivacità da tredicenne. Diventa signorina mentre è rinchiusa in quel nascondiglio, conosce il suo primo amore, Peter, si riappacifica con la madre, continua a sognare e a sperare, come è giusto che sia alla sua età. Siamo ad Amsterdam nel 1942. Amsterdam occupata dai nazisti. La scena è come fosse uno spaccato fotografico, un lungo piano sequenza cinematografica e la scenografia si sviluppa su due piani e quattro ambienti. Vediamo sempre tutti i personaggi, anche quando sono nell’ombra della propria camera. È il dramma di due famiglie ebraiche quello che si sviluppa e di tutta l’umanità: i Frank e i Van Damme (i Frank, composti da marito, moglie e due figlie, i Van Damme, con due coniugi e figlio adolescente, e il dottor Vassel, un dentista sposato ad una cattolica ma pur sempre “schedato” in quanto ebreo), costrette, per quasi tre anni, alla convivenza in un alloggio segreto. La rappresentazione inizia con un flash back, ovvero il ritrovamento del diario della piccola Anne (Raffaella Alterio) da parte del padre Otto (Antonio Salines). In quel diario ritroviamo tutto: le razioni di cibo, i turni in bagno, le liti, le feste, i rumori della guerra. Una coppia di collaboratori del signor Frank li aiuta a nascondersi.

Anne, domina sul palco. Una piccola peste spavalda, linguacciuta, ribelle, che ha paura, ma vuole vivere i suoi anni e tiene su il morale a tutti. La tensione emotiva è tanta, i protagonisti arrivano a litigare per un pezzo di pane. Denutriti e nervosi, non vedono più una via d’uscita. La signora Frank è imponente e drammatica come la figlia, solo un po’ più matura. Tiene il pugno duro fino alla fine, ma poi crolla e soccombe alla tristezza. Peter è invece l’opposto di Anne, timido e riservato.

C’è un sottile confine ed equilibrio tra tragedia e leggerezza, ma lì fuori ci sono i tedeschi e ogni momento spensierato è in realtà “minacciato”.

Eccellenti le interpretazioni dei dieci attori: Antonio Salines, Eleonora Tosto, Raffaella Alterio, Francesca Bianco, Veronica Benassi, Vinicio Argirò, Tonino Tosto, Susy Sergiacomo, Fabrizio Bordignon, Roberto Baldassari. Ad accompagnarle, le tipiche melodie musicali ebraiche. Una menzione di merito anche ai costumi di Annalisa Di Piero per la ricerca filologica di stoffe e mode dell’epoca.

E anche se la fine è imminente e certa, fino all’ultimo Anne conserva la sua voglia di vivere: “Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora”.

Un dramma nella speranza. In scena fino al 16 febbraio 2020.